Stefano Germano
Le Torri del Vajolet - Catinaccio Rosengarten
Splendida visione che guarda verso queste meravigliose Torri all’interno di un contesto di grande spessore naturale.
Parlare delle Torri del Vajolet è come mettere in scena uno spettacolo straordinario, un impatto con la Natura selvaggia del Catinaccio Rosengarten che porta con sé una delle meraviglie assolute all’interno di questa area geografica che confina con le Dolomiti del Trentino e le Dolomiti dell’Alto Adige.

Anche quassù la mia prima volta, per espandere così maggiormente questo mio confronto con la Val di Fassa e quel suo contesto naturale che in un certo senso ha completamente cambiato questa mia Estate. Ma per raggiungere tutto questo c’è un bel po di cui camminare. Potrebbe rendersi tutto più facile salire direttamente (e comodamente) tramite i collegamenti via cavo (seggiovia) direttamente dal centro di Pozza di Fassa, per essere “quasi” al cospetto del Rifugio Gardecia (1965m) e del Rifugio Stella Alpina (1972m) per avere così già dimezzato il cammino di giornata.
Utilizzo ugualmente quella comodità dettata da una funivia, che partendo dal centro abitato di Vigo di Fassa sale direttamente al Rifugio Ciampedie e Negritella a 1990m di altitudine. Da qui però, per quel mio forte istinto che richiama le lunghe camminate, si identifica quel cammino che con molta facilità si addentra tra i boschi della Val del Vajolet ai pedi delle Pale Rabbiose (2540m) e dei Mugnoni (2734m). Rifugio Gardecia (1965m) – Rifugio Stella Alpina (1972m), il sentiero 540 inizia sin da subito una progressione su leggere discese che si vincolano da piccoli sali/scendi.



Rifugio Gardecia e Rifugio Stella Alpina - 1950m
Lasciata la Funivia del Catinaccio mi inoltro nell’immediato attraverso questi fitti boschi. Di tanto in tanto qualche sprazzo panoramico che mi permette di avere già una prima visuale della verde e boschiva Val del Vajolet, una lunga lingua rocciosa che prende vita all’altezza del Passo Antermoia (2778m) e del Rifugio Passo Principe (2599m) nel cuore del Catinaccio d’Antermoia.
Ciò che di roccioso riesco ad ammirare lungo questa prima parte di sentiero guarda in direzione di alte pareti che danno vita alla Gran Fermada (2446m) e della Crepa de Socroda (2523m), per poi proseguire un alternarsi di guglie e campanili che nel loro contesto generale danno vita a questo versante dell’intero Rosengartengruppe (Gruppo del Catinaccio).



L’approccio iniziale è perfetto, la complicità di una bellissima (ed ennesima) giornata di sole si accompagna perfettamente su questo mio sentiero che a quest’ora viene unicamente solcato dai miei passi. Di tanto in tanto qualche eco “meccanico” che sale direttamente dalle valli circostanti, ma nulla se si pensa alla pace e tranquillità che respiro attraverso questi boschi.
La presenza di una serie di “totem” informativi attrae la mia curiosità.
Una serie di tabelle posizionate in vari punti del sentiero a raccontare e svelare alcuni segreti dei boschi, con qualche accenno molto interessante per farci ricordare che tutto ciò che fa parte della Natura è un intero habitat di cui siamo ospiti e che in egual modo dobbiamo rispettare.



Ma non solo una lunga valle e le sue foreste. Se da un lato vengo accolto da questo verde così lussureggiante, guardando attentamente a monte il profilarsi di creste e di cime che già splendono al sole. Una lunga e intensa spinale che da vita a una lunga linea di Dolomia che dal lontano Rifugio Roda di Vael (2316m), al Col de Ciampac, da forma a una serie di torri e lunghe creste quasi ad accompagnarmi con lo sguardo in quello che sarà l’apoteosi dell’intera giornata.

Una su tutte la grande e liscia parete che da vita al Catinaccio Rosengarten, una meravigliosa espressione rocciosa che tra questa sua maestosità custodisce segretamente il Rifugio Re Alberto e le Torri stesse, che da questo primo frangente rimangono ancora ben nascoste da qualsiasi punto di vista.
Tutto procede che è una meraviglia. Di tanto in tanto qualche secondo di pausa per leggere attentamente ciò che questi totem raccontano, dove in certe situazioni diviene quasi normale la riflessione del momento e che da così vita a pensieri personali molto intensi. Ognuno vive la montagna seguendo un proprio cammino, io seguo la mia di montagna approfittando anche di queste situazioni così particolari che arricchiscono maggiormente la mia visuale, non solo su ciò che mi circonda ma anche sulla vista stessa.
E questo si materializza in un modo molto intenso nel preciso istante in cui giungo in un luogo molto particolare. Il Rifugio Catinaccio (1946m), o meglio ciò che rimane di questa storica struttura.

Abbandonato a sé stesso ormai da parecchi anni, rappresenta un importante pagina di storia Dolomitica all’interno di questa valle. Una grande struttura ferma nel tempo dove ogni suo minimo particolare testimonia una montagna di epoche ormai lontane, dove l’escursionismo si presentava forse anche sotto una forma ben diversa. Fermarmi al cospetto di questo storico testimone è il minimo che possa fare.
Guardo con attenzione ogni singolo particolare che in un certo senso mi porta indietro nel tempo, come se ogni pietra, ogni finestra e ogni oggetto sia testimonianza terrena di generazioni lontane dalla mia. Un po di malinconia, ma di quella che comunque riesco a tradurre come un messaggio ricco di positività e guardare avanti con la stessa fiducia di questo Rifugio abbandonato, che sebbene di anni se ne porti molti sulle spalle rimane ancora ben saldo nel cuore di questa sua valle.
È questione ormai di pochi minuti per entrare definitivamente in contatto con il turismo di massa stagionale. Se dalla partenza del mio sentiero non abbia minimamente incrociato anima viva, giungere al Rifugio Gardecia e Stella Alpina è come connettersi con il resto del mondo. Sta di fatto che salire quassù dall’abitato di Pozza di Fassa sia la via di cammino privilegiato dalla maggior parte degli escursionisti, e questo mi allontana definitivamente dalla pace e dal silenzio che fino a qua mi ha accompagnato.
Una piccola pausa caffè veloce al Gardecia per guardare a questa che ora diviene la parte più impegnativa dell’intero itinerario.




Non mi fermo molto in questa bellissima e solare area che, oltre a raccogliere diverse strutture turistiche, ora amplia maggiormente il panorama verso la lunga spinale rocciosa del Rosengarten. Non mi fermo molto anche per allontanarmi al più presto da un certo quantitativo di caos e rumori che in certi frangenti definisco non giustificati e nemmeno giustificabili.
"La montagna è di tutti, la differenza però si valuta da diversi fattori, tra cui quello comportamentale".
E già da qui si potrebbe aprire un capitolo senza fine.
Rifugio Preuss e Rifugio Vajolet (2243m)
Ben accompagnato da viste straordinarie in quello che io considero come il primo dei due dislivelli maggiori. Due differenti tratti con due differenti impegni fisici.

Quello che ora guarda in direzione dei Rifugi Preuss e Vajolet è quello di media difficoltà, e di ciò che sarà la parte ancora più impegnativa ne parlerò a tempo debito.
Sale nell’immediato il sentiero 546, un immediato colpo di frusta all’interno di una bellissima strada forestale che ora si libera dei fitti boschi trovati in precedenza e che accende l’intera giornata. Ancora qualche tratto di bassi boschi prima di uscire definitivamente a cielo aperto con quel primo contatto con questa meravigliosa roccia.
L’impatto visivo aumenta di spessore un passo dopo l’altro, guidato da un dislivello sempre più crescente che mi permette di avere un’ampia veduta che dal lontano Passo delle Coronelle (Tschangerjoch – 2630m) trova il suo massimo splendore sulla vetta del Catinaccio Rosengarten (2981m) e di Punta Emma (2900m circa).



Sono prospettive che cambiano completamente ogni punto di vista. Camminare alla base di queste immense pareti non è mai come ammirarle direttamente dalle quote maggiori. Giungere così ai 2243m del Rifugio Vajolet e del Rifugio Preuss è arrivare all’apice di questa meravigliosa visione. Tutto ciò che mi lascio alle spalle ora raggiunge una dimensione completamente diversa.
Se la parte finale di questa prima salita mi ha accompagnato all’interno di un mondo dolomitico di grande rilevanza naturalistica, ciò che mi attende a monte è una di quelle esperienze che identifica la bellezza selvaggia e naturale del Rosegnarten.
Inizialmente un colpo di vista verso quel versante più a Nord della Val del Vajolet, che su sentiero 584 in circa 90 minuti raggiunge il Rifugio Passo Principe (Grasleitenpass Hutte – 2599m) nel cuore del Catinaccio d’Antermoia (3002m).








Questo lungo vallone roccioso che sale senza tanto impegno, una lunga linea di sentiero ben marcato che vede la presenza di escursionisti impegnati su due fronti di marcia. Sembra quasi una lunga processione di esseri umani che lentamente si addentrano all’interno di un contesto roccioso spettacolare e unico nel suo genere.
Ma io mi fermo prima di tutto questo, con quella promessa che spesso capita e che mi vede appoggiare una pietra come pegno per un qualcosa che sicuramente arriverà in futuro.
Preamboli e una serie di osservazioni che capitano nel modo più naturale, quasi attratto e richiamato da ogni minimo particolare che mi conduce a nuove prospettive e linee di sentiero mai vissute prima.
È questione di un centinaio di metri dai Rifugi Preuss e Vajolet, proprio all’imbocco del sentiero per il Catinaccio d’Antermoia. Sulla sinistra una serie di tabelle escursionistiche evidenziano le Torri del Vajolet e il Rifugio Re Alberto su segnavia 542. Mi fermo per cinque minuti e osservare questo incredibile muro roccioso che in circa +400m di dislivello a monte pone il mio obbiettivo.
È fantastico osservarlo ora ancora prima di dare inizio a questo strappo finale. È fantastico perché già rende l’idea di ciò che mi aspetta, dove una lunga colonna di escursionisti già in fase di salita da luce al mio cammino. Una lunga serpentina che si inerpica costeggiando Punta Emma sulla sinistra e le prime e irte pareti che sulla destra formano la base di quelle che a monte saranno le Torri. Un passo dopo l’altro senza troppa fretta.




Rifugio Re Alberto (2621m) e le Torri del Vajolet
Una serpentina che cambia continuamente direzione prima di arrivare ai primi tratti attrezzati con cavo d’acciaio. Non serve imbrago da ferrata e nemmeno il casco, ma un po di prudenza quella sì e guardare bene ai punti di riferimento di sentiero (bianco e rosso) per seguire la linea più sicura e diretta. Una condivisione di emozioni e di sensazioni positive che in modo del tutto naturale si esprimono con perfetti sconosciuti.
Essere in compagnia di altre persone che guardano al tuo stesso obbiettivo, in certi frangenti crea un rapporto di uguaglianza dove anche il più piccolo particolare viene condiviso in perfetta armonia, come a crearsi quell’alchimia che ci rende tutti uguali di fronte a una maestosità naturale come questa.



Devo dire che era da parecchio tempo che non mi sentivo così attivo, così coinvolto all’interno di quella che io ora identifico come una “grande avventura”, disegnata da una Natura selvaggia e imponente seguendo una via di cammino che si addentra all’interno di questa stessa imponenza.
"Ora la possanza di Punta Emma prende sempre più forma".
È una visione straordinaria quella che abbraccio in un unico fermo immagine, dove a valle i Rifugio Preuss e Vajolet fanno da perfetta scenografia a un piccolo “serpente” umano intento a seguire il mio stesso cammino. L’uomo che in questo contesto, e per l’ennesima volta, si identifica il nulla al cospetto di così tanta maestosità. Pensare con la vista di un poeta diviene quasi naturale.
"Ogni pensiero e ogni emozione viene tradotta con i migliori auspici, dove dalla stessa Natura si riesce a trovare le giuste parole e quei riferimenti che identificano quel nostro lato di poeti nascosti".



Devo però fare anche i conti con l’impegno fisico. Ci sta la giusta cognizione mentale dettata da un ambiente sicuramente unico, ma per raggiungere il mio obbiettivo ci vogliono gambe e quella perfetta condizione fisica per oltrepassare ogni ostacolo e ogni frangente roccioso che il sentiero pone.
Ben attrezzato nei punti più impegnativi ma con quella prudenza che in situazioni come queste è sempre d’obbligo. Sembra quasi di seguire un cammino che sale direttamente in Paradiso. Sono completamente circondato dalla roccia di questi imponenti versanti, guardando direttamente su di un cielo azzurro illuminato da questa meravigliosa giornata.

Devo dire che l’impegno fisico viene meno di fronte alla soddisfazione e alla bellezza di questo passaggio finale. Nemmeno i grandi tralicci della teleferica del Rifugio a monte, che in un certo senso vanno un po a “disturbare” questa naturale visione, oltraggiano questo mio passaggio così particolare. Sento di stare bene con me stesso, sento di minimizzare lo sforzo fisico con la bellezza di questa Natura così forte e selvaggia.
L’espressione più completa di queste montagne, dove la roccia di Dolomia esalta maggiormente quella sua inevitabile forza e possanza. Tutto procede alla perfezione.
Nulla, di passo in passo, può più fermare questa mia frenesia e quell’entusiasmo, che giunto ai margini maggiori del sentiero ora si apre su quella che lungo la Val di Fassa è la mia “prima volta”. Le Torri del Vajolet ora svettano nel cielo mostrandosi in tutta la loro eleganza. Grandi denti rocciosi che si dividono l’uno dall’altro a dare vita a un’enorme mano immaginaria. Un grande promontorio roccioso che scende fino a formare un grande vallone che nei suoi 2621m ospita questo meraviglioso Rifugio: il Re Alberto.

Giungere al cospetto di questa storica struttura è come dare inizio a un nuovo viaggio che prende vita all’interno di questo che io ora identifico come un grande teatro naturale. Oltre alle Torri il Re Alberto guarda verso una naturale formazione rocciosa che dalla Croda di Re Laurino (Konig Laurin Wand – 2913m) sale leggermente verso una forcella che lascia intravedere la sagoma del Rifugio Santner (Santnerpass Hutte – 2734) per espandersi poi verso l’Alpe di Tires e nuovi spazi geografici dell’Alto Adige.



Sento un po di stanchezza, vorrei tanto riuscire a fermarmi per qualche minuto per uno spuntino veloce magari al cospetto di un po di ombra per rimanere così al fresco per un po. Impossibile: solo un leggero margine di fresco dettato dall’ombra dell’imponente parete del Catinaccio, ma per mia sfortuna dal versante opposto di questo enorme teatro roccioso. Non mi faccio nessuno scrupolo, troppa voglia di far parte di questo contesto così straordinario. Il Re Alberto e le Torri del Vajolet sono quella cartolina Dolomitica perfetta da poter fermare nella mente da diversi punti di vista.
Per il pranzo al Rifugio è ancora presto, voglia di muovermi e di rendermi partecipe di questo habitat così meraviglioso. Salgo leggermente il versante ai piedi della Croda di Re Laurino, seguendo il sentiero 542 che in circa 20 minuti porta alla forcella e al Rifugio Santner. È mia intenzione salire leggermente di quota per spostarmi verso il versante più meridionale del grande vallone.
Mi allontano dal Re Alberto, mi guardo spesse volte indietro per ammirare i diversi punti di vista e i forti contrasti che si vengono così a creare tenendo sempre più in considerazione anche la presenza delle Torri. Quel centinaio di metri di dislivello maggiore per dare forma e vita a uno degli spettacoli naturali più belli che il Catinaccio, da questo versante, riesce a regalare. Tengo il Rifugio Santner a qualche centinaio di metri da me, rimango ben saldo al grande vallone iniziando così quella fase di rientro verso il Re Alberto costeggiando l’immensa parete del Catinaccio.


Un sentiero interno non segnato sulle mappe. Ben visibile lungo questo ghiaione roccioso che ora mi accompagna verso quel tratto nascosto al sole e che, per quanto poco, limita leggermente quell’arsura e quel caldo tepore dettato da questa mia giornata perfetta. Il periodo è scarso delle piogge estive.
Una calura che da qualche giorno imperversa lungo questo territorio da riuscire a prosciugare il piccolo lago che si trova ai pedi del Re Alberto.
Un elemento naturale mancante e che avrebbe sicuramente fatto la differenza in questa mia cartolina Dolomitica perfetta. Essiccato da chissà quanti giorni, tanto che camminarci sopra è come mettere piede sulla polvere e sui sassi cucinati dal sole.

Ma anche questo non è un problema se tutto ciò che ora mi circonda continua a emozionarmi, a eccitarmi come un bambino con un nuovo giocattolo tra le mani. Un tour mentale e fisico che termina con quel languorino che ora richiama l’attenzione su quel momento di condivisione, dove il Rifugio e la sua rinomata cucina prende ora spazio a questa mia giornata.
Sedersi su quella terrazza esterna e panoramica. Gustarmi questo momento così particolare della mia giornata senza mai togliere lo sguardo dalle Torri, dove una cordata di cinque alpinisti sta risalendo la torre centrale ed essere così testimone diretto di ogni loro gesto, di quei passaggi tecnici che rendono speciale e spettacolare questa attività sportiva. Zero errori, dettati dall’esperienza di chi a monte apre la cordata per dare così le direttive a chi segue in tutta sicurezza e con quell’autorità di chi sa il fatto suo. Uno spettacolo naturale che regala continue emozioni.
Quella lunga pausa e rimanere così rilassato e in piacevole conversazione con altri escursionisti, per esporre i propri pareri e opinioni a riguardo di ciò che questi cinque ragni umani ci stanno regalando. Fantastico, sublime, coraggio e grande passione al limite di ciò che la gravità impone al massimo del rischio. Riflettendo sulla tecnica e bravura di quei cinque alpinisti il pensiero di provarci a volte passa quasi in modo del tutto naturale.
Cerco d'immedesimarmi in quella loro posizione e soprattutto da quei punti di vista che in questo caso non sono proprio per tutti. Mi immedesimo nei loro sguardi, in quelle situazioni in cui l’adrenalina prende sempre più corpo, ma poi capisco che tutto questo non fa per me. Non è un fattore dettato dalla paura, la montagna viene per istinto e il mio attualmente mi consiglia di rimanere con i piedi per terra. Posso ben dire che il mio viaggio per oggi termina qui. Termina al cospetto delle Torri del Vajolet e del Rifugio Re Alberto.

Termina in questo luogo che per l’ennesima volta ruba un piccolo pezzetto del mio cuore, con quella promessa di tornarci in un futuro prossimo. Non solo per riprendermi ciò che lascio ma anche per rivivere nuovamente le stesse emozioni di questo sentiero indimenticabile e di quella lunga e impegantiva salita in direzione del Paradiso.




Quella salita ora diventa una lunga discesa, che rimane ben impegnativa sebbene affrontata con un minimo sforzo. Passo sicuro anche in questo caso, con un nuovo panorama verso la Valle del Vajolet inevitabile punto di ritrovo di altri escursionisti che dai più svariati sentieri tra il Catinaccio Rosengarten e il Catinaccio d’Antermoia in modo del tutto casuale si danno nuovamente appuntamento al Rifugio Vajolet e al Rifugio Preuss.

Le Torri del Vajolet - La Mappa
Le Torri del Vajolet - Il Video
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Location: Gruppo del Catinaccio Rosengarten
Area Geografica: Val di Fassa - Catinaccio Rosengarten
Regione: Trentino e parte di Alto Adige
Accesso: dal Rifugio Ciampedie su sentiero 540
Alloggio in Val di Fassa: B&B Ingrid - Campitello di Fassa (TN)