Stefano Germano
In Costa della Spina - Comelico Superiore
Perfetta rappresentazione del verde Comelico.
Ha fatto storia nella letteratura italiana il penisero descritto da Giosuè Carducci, che nella sua poesia Cadore dedica un passaggio al Comelico elogiando i suoi verdi spazi e le sue meravigliose radure ricche di pini ed abeti.
Un pensiero che trova conferma in una delle più belle escursioni che il verde Comelico offre, con spunti panoramici che guardano direttamente a due dei versanti più belli di questo estremo territorio del Cadore: la Val di Padola e la Val Digon.

Casamazzagno – 1280m
Con le vicine San Nicolò di Comelico e Costa, Casamazzagno rientra perfettamente tra quei piccoli paesi di montagna che si espandono lungo i crinali erbosi, per guardare direttamente lungo le valli e trattenere per se dei punti panoramici di grande risalto. Si posiziona a 1280m di quota, placidamente adagiata su di una verde spalla che dai lussureggianti prati si estende ai boschi che guardano verso le quote maggiori.
Prati che accolgono a se la piccola chiesa di San Leonardo, che dal lontano 1548 è uno degli emblemi turistici del territorio e che merita una nota di rilievo per questo inizio di giornata.



Da questa sua centenaria terrazza, e al cospetto di questo suo antico campanile, si espande un punto di vista che raccoglie a se i centri abitati di Santo Stefano di Cadore, Candide, la stessa Costa e San Nicolò di Comelico, Danta di Cadore e un primo punto di vista delle vette che sovrastano l’intera Val di Padola.
Due su tutte, tanto per iniziare, Cima di Padola (2623m) e Cima di Ambata (2872m). Una fermata quasi d’obbligo che riservo a questo luogo che è una delle poche testimonianze di quella lontana montagna di una volta, quella montagna dove la cultura e le tradizioni avevano un valore ben diverso e che si tramandava di generazione in generazione.

Rimango sempre affascinato da questi luoghi. Non perdo occasione di dedicare un po del mio tempo a tutto ciò che in un modo o nell’altro mi accompagna lungo questi che io definisco “antichi sentieri”. La chiesa di San Leonardo esprime un fascino tutto suo, con quella sua elegante struttura e quell’architettura che riporta indietro di quasi mille anni, dove la manifattura e la composizione ben ordinata esprime al meglio un concetto antico e lontano da ogni possibile cognizione di pensiero.
Poi c’è da dire che si pone lungo questa piccola strada asfaltata che dal centro di Casamazzagno sale in direzione degli alpeggi e le baite de Le Federe, punto di partenza di questa mia escursione.
Le Federe – 1340m
È una piccola comunità formata da alcuni masi e alcuni fienili che di norma vengono utilizzati per gli alpeggi estivi, che in questo caso divengono uno dei punti di maggiore interesse e che andremo a scoprire strada facendo. Uno spazio abbastanza limitato dove poter parcheggiare la propria auto e che tiene come riferimento un crocifisso in legno, dove al massimo quattro mezzi si riescono a lasciare in libera sosta.
Sebbene la stradina asfaltata prosegue il suo corso, oltre a questo punto è accessibile unicamente a vetture autorizzate che di norma viene riservato ai malgari e ai pastori che accudiscono i vari alpeggi che dalla Costa si allungano poi verso i versanti della Val Digon. In poche parole si arriva fino a questo punto, e come da mio consiglio personale, conviene arrivarci al mattino presto per avere così garanzia di occupare uno dei pochi posti disponibili.


La Costa della Spina si compone di due differenti aspetti naturali. Se l’inizio di giornata ha inizio su di un breve tratto asfaltato su sentiero 148 che si innalza leggermente all’interno di questi primi tratti boschivi, la parte di maggiore interesse è quella che dalla base del Monte Spina (1967m) apre poi a uno scenario completamente a cielo aperto.
Un lungo sentiero che con leggeri sali/scendi si allunga su meravigliosi e verdi prati che si dividono tra la Val di Padola e la Val Digon. Un susseguirsi di panoramiche che danno spunto alla diversità geologica dei due differenti versanti. La roccia di Dolomia della Val di Padola e i verdi alpeggi della Val Digon.
Devo prendere in considerazione che la parte di dislivello maggiore si affronta nell’immediato. Se guardo la quota di questa prima parte (1440m circa) confrontandola con la media che poi mi aspetta lungo l’intero attraversamento della Costa (2100m circa), questa forestale interna sale seguendo sempre un ampio cammino ma con quel dislivello, per quanto ben distribuito, da affrontare comunque.
Un paio di deviazioni per altre vie di cammino ben segnalate da cartelli escursionistici personalizzati della Val Comelico, tenendo sempre come riferimento il Col Quaternà e Monte Spina. Il Col Quaternà certo, quello che dalla sua croce di vetta a 2503m sarà il giro di boa dell’intera escursione, per poi rientrare al punto di partenza in Casamazzagno su un sentiero più a valle della Costa e che scorre lungo la Val di Padola.

Il cammino sebbene in continua salita prosegue placido e tranquillo. Questi fitti boschi per ora non mi permettono di osservare unicamente il sole di primo mattino infiltrarsi laddove la Natura stessa concede. L’aria fresca di queste ore e l’ambiente così silenzioso trasmette un piacere che adoro vivere in ogni istante. La mia giornata sarà lunga e questo lo so bene. Ho affrontato per la prima volta questo itinerario pochi anni fa, con l’intento di ripropormelo nuovamente per quel mio personale piacere di ritornare sempre dove in passato ho comunque lasciato qualcosa di me.
Ciò che per me è già stato ricorda anche momenti molto particolari e che in cuore mio desidero tanto che si possano proporre nuovamente. E quando parlo di alpeggi ne identifico una particolarità che in me ha da sempre scaturito emozioni molto particolari.
“Sarà così anche questa volta?...io spero proprio di si!”

Monte Spina – 1967m
È una porta che si spalanca verso il cielo, e su questo non potrei trovare definizione migliore. Improvvisamente i boschi aprono uno squarcio che inizia a fare luce su tutto ciò che mi aspetta. Tutto quello che fino a ora mi ha accompagnato, come un lampo a ciel sereno cambia anche la tipologia di sentiero. Se fin quassù è stata una continua salita, i verdi alpeggi della Costa entrano in scena seguendo un cammino che ora risulta più agevole e pianeggiante, riservandomi un piacevole “benvenuto” all’interno di questa nuova dimensione.
Non riesco ancora a focalizzare bene i due diversi versanti verso le due diverse vallate, ma una piccola croce posizionata su di un piccolo altare in cemento va a simboleggiare l’inizio ufficiale di questa lunga traversata, regalandomi, per ora, alcuni dei primi spunti montuosi che si compongono a monte della Val Digon.



Ora il sole di primo mattino esplode in tutta la sua bellezza, in tutto quel suo piacevole calore che ora rimane lontano da quella calura di metà Agosto che ha reso difficile il cammino di tutti noi escursionisti. Questo mio sole ora illumina di luce intensa questi primi spazi verdi dove i boschi non saranno più una barriera naturale alla mia vista, ma un’apertura visiva di straordinario impatto personale.
Da qui fino alla Sella del Quaternà un susseguirsi di facili e meravigliosi sali/scendi, per guardare alle mille sorprese che la Costa della Spina da qui in avanti mi riserverà. Di ciò che parlo ne so già qualcosa. Incrocio bene le dita e chiedo che tutto possa tornare come quella mia prima volta quassù, perché ti posso assicurare, caro lettore, che l’esperienza molte volte lascia segni indelebili nel cuore...
Col Rosson (2305m) – Col de la Crodata (2310m) lungo il sentiero 148
Tutto prende il via in una facile e piacevole “passeggiata” che scorre leggermente verso il versante a Ovest (Val di Padola), tralasciando temporaneamente il versante più a Est (Val Digon). Da qui fino alla Sella il sentiero 148 si allungherà costeggiando una serie di piccole collinette e vette erbose seguendo una linea di cammino perfettamente in sintonia con l’intera cresta che compone la Spina. E non viene a mancare quell’inconfondibile tintinnio che il vento trasporta con leggerezza attraverso questo silenzio così surreale.
Sembra provenga da quel versante della Val di Padola che ora inizia lentamente ad aprirsi verso nuovi spunti panoramici. Un versante che ora guarda perfettamente in direzione di quel suo versante roccioso a esprimere al meglio la possanza della roccia di Dolomia, quella bianca e che identifica una serie di vette e campanili rocciosi di grande intensità.





La Val di Padola come da pochi versanti si può ben ammirare. Da Cima Padola a Cima de Ambata già viste precedentemente brillare al sole dalla chiesa di San Leonardo, ora si può ben aggiungere la vetta del Popera (3046m), Cima Bagni (2983m), per entrare così all’interno delle Dolomiti di Sesto con Cima Undici (3092m) e la meravigliosa e selvaggia Croda Rossa di Sesto (2965m). All’interno di questo spettacolare raggruppamento Dolomitico, una serie di altre vette e campanili rocciosi a dare così forma e vita a un paesaggio che sembra espandersi verso il cielo.
Una lunga spinale rocciosa di grande imponenza, dove sentirmi privilegiato nel poterla ammirare da questa quota e soprattutto da questa posizione geografica. Credo uno dei punti di vista migliori in assoluto che mi regala una Val di Padola in tutta la sua massima espansione, sebbene la vetta del Quaternà andrà sicuramente a completare l’apoteosi di giornata.
"E' quel tintinnio che inevitabilmente coglie la mia attenzione?"
Tutto si racchiude in un paio di mucche che liberatamene si godono questo loro ambiente così privilegiato. Sono solo due per ora e se la mia memoria non mi inganna appartengono all’alpeggio di Casera Ciampugon che si posiziona più a valle rispetto al mio senso di marcia, lungo quel sentiero di rientro e che raggruppa a se uno degli alpeggi che da questo versante della Costa si allunga verso la Val Digon e la Traversata Carnica più a monte.
Un primo indizio per me molto particolare e di grande valore, perché se tutto ciò che penso (e che chiedo) mi offre l’opportunità di esaudire una mia personale richiesta, ora credo di essere inevitabilmente sulla buona strada.
A questo punto puoi aspettarti di tutto, non solo un habitat naturale di grande spessore e quella straordinaria sensazione di muoverti all’interno di un contesto naturale completamente escluso dal resto del mondo. La Spina è in grado di nascondere particolari che in questa straordinaria giornata estiva possono fare quella differenza, quel valore aggiunto di grande importanza personale.
Questo lungo sentiero si alterna tra piccole colline erbose che al loro interno, e lontano da occhi indiscreti, nascondono angoli di Natura meravigliosa. Se l’occhio attento non tradisce, piccoli laghetti in alta quota prendono così vita, piccoli specchi d’acqua che riflettono perfettamente quel cielo azzurro che ti sovrasta. Sembra quasi di vedere il mondo alla rovescia.


È ciò che tanto chiedevo, ciò che tanto desideravo da questa giornata così perfetta prende vita. Il culmine di una bellezza del tutto naturale che trova ai bordi di questi piccoli specchi d’acqua un punto d'incontro del tutto spontanei, legati da un istinto che nella libertà più assoluta da vita a questa comunità vivente. Una decina di cavalli possenti ed eleganti, di quella razza che identifica alla perfezione due diverse specie.
Alti e statuari per quelli che abitualmente osserviamo al galoppo, forti e massicci per quelli che si identificano per il trasporto (traino) di materiali ma che in questo contesto si librano in assoluta libertà come eterni padroni di un mondo a noi ritenuto più un sogno che una realtà.





Mi soffermo in questo luogo per una bella mezz’ora, approfittando di tutto questo per una pausa ristoratrice. Un morso dopo l’altro, un sorso che ne segue un altro e con occhi a guardare questa loro pace, questa loro tranquillità. Non esistono parole aggiunte, esiste solo il silenzio e tutto il resto ora conta ben poco. Ciò che maggiormente mi emoziona è questa loro posizione, al centro di questa ampia cresta erbosa e nel cuore di due differenti scenari. Mi sposto piano piano da un angolo all’altro. Mi muovo con quel massimo rispetto per non tradire la loro pace senza doverli inutilmente innervosire.
Da parte loro tanta curiosità, tanta attenzione a ogni mio passo, non credo dettato dalla poca fiducia nei mie confronti ma da quel loro istinto che li porta ugualmente a controllare ogni mio determinato movimento.
Una cornice spettacolare. Osservarli e fotografarli con l’intero versante roccioso della Val di Padola e delle Dolomiti di Sesto, come dal versante opposto della Val Digon. Ora la lunga Traversata Carnica che sovrasta questo versante si apre maggiormente al mio perfetto punto di vista. La presenza di questi cavalli si abbina perfettamente ai verdi alpeggi che danno in lontananza forma naturale al Frugnoni (2561m) e al Cavallino (2689m) in già territorio austriaco, Cima Palombino (2599m) e tutte quelle creste di scura roccia a completare finalmente l’intera panoramica di questo versante Orientale.
Quei cavalli come l’ombelico del mondo, come se tutto ciò che rappresenta questa mia giornata si racchiuda all’interno di loro e nella loro presenza. Meraviglioso momento di Natura viva, Natura libera.




Sella del Quaternà (2397m) – Col Quaternà (2503m)
Un punto di svolta che ora cambia completamente il contesto geologico di questa mia giornata. Se per queste due ore tutto si è svolto su un sentiero mediamente orizzontale, giungo alla Sella del Quaternà che diviene anche il punto di partenza di altri itinerari all’interno di questo territorio. Dove porteranno se ne può benissimo parlare anche dopo, ora quei poco meno +200m di dislivello in salita e guardare così alla croce di vetta del Col Quaternà che ora esprime al meglio tutta la sua bellezza.
Seguo nuovamente un’ampia strada forestale, che sale subito nell’immediato affrontando una serpentina. Un secondo bivio prima della salita diretta in croce di vetta, dove una piccola Madonnina sembra essere di buon auspicio per il proseguo.

Il sentiero sulla sinistra sale nell’immediato dove è ben evidente una naturale formazione rocciosa completamente scura. Ciò porta alla memoria quello che il Col Quaternà milioni e milioni di anni fa si presentava come un vulcano in piena attività. Tutta questa roccia scura che si trova lungo questo suo versante è testimonianza degli ultimi respiri, delle ultime scariche di fuoco prima di spegnersi lentamente e dare così all’eternità ciò che io ora traduco come gli ultimi suoi istanti di vita.
Una bella salita abbastanza impegnativa, scorre su di un sentiero a tratti molto franoso e che in certi frangenti evidenzia continui, sebbene piccoli, smottamenti vista l’alta frequenza di escursionisti che giungono in croce.

Alla base di questa le prime trincee, che come nell’era vulcanica, porta alla luce un passato che si lega a tempi più attuali sebbene passati da più di un secolo. La Prima Guerra Mondiale, la Grande Guerra, che lungo questi versanti al confine con la vicina Austria ha segnato e scritto pagine di storia legati al primo conflitto bellico. Da quassù la forza difensiva e offensiva dell’esercito italiano si scontrava con le linee nemiche dell’impero austo-ungarico distanti poco più di un chilometro, lungo quel versante all’estremo del confine italiano e che ora è attraversata dalla famosa Traversata Carnica.
Una trincea ancora ben messa e che identifica punti di osservazione e di tattica da parte dei nostri giovani soldati in un quasi faccia a faccia con i loro uguali austriaci.


Il panorama da questa sua croce di vetta è un qualcosa di meraviglioso.
Oltre alla Val di Padola e alla Val Digon, ora la vista si apre verso quel versante che guarda la Val Pusteria e che fino a ora era sempre rimasto ben nascosto. La Val Lorera e tutte quelle spalle misto roccia ed erba che compongono quello che sulla carta è il punto di partenza, o di arrivo in base al senso di marcia che si segue, della Traversata Carnica che ora sembra dare una prima idea di quanto possa essere veramente interessante questo cammino.


La Val Lorera dunque, che sulla carta è anche la perfetta linea di confine tra il Comelico (Dolomiti Bellunesi – Regione Veneto) e le Dolomiti di Sesto (Val Pusteria – Alto Adige) con l’inconfondibile sagoma della lontana Alpe di Nemes Hutte e il suo meraviglioso alpeggio estivo.


È il momento perfetto per la riflessione personale che come di consueto prende vita al cospetto di una croce e in vetta di un qualsiasi monte che si voglia. Non fa nessuna differenza la quota, il nome o altri contesti che potrebbero rendere una cima più blasonata o meno di altre. L’emozione e i pensieri che volano come le gracchie al libero vento sono le stesse. Ma non sempre questa linea di pensiero viene sempre rispettata da tutti, dove il silenzio e il desiderio di vivere la montagna nella pace più assoluta troppe volte viene affranto. Ed è così che la classica compagnia di escursionisti "della Domenica" trasforma questo luogo come una piccola spiaggetta dove urla e situazioni di disturbo per nulla giustificati entrano in scena.
Ma come spesso accade cercare di dare un messaggio con le buone della situazione che si viene a creare non serve a nulla. L’ignoranza e l’indifferenza delle persone prevale su ciò che si deve sotto certi punti di vista rispettare. Mi consolo con il Karma e la sua arma a doppio taglio, che sicuramente a suo tempo avrà fatto il suo dovere seguendo indicazioni ben precise. Il tempo di vivere comunque a sufficienza i miei momenti e osservare con occhi ugualmente soddisfatti questo luogo così meraviglioso e particolare.
Ciò che milioni di anni fa risultava essere una grande bocca sputa fuoco ora mi accoglie come un luogo dove l’intero Comelico e buona parte delle Dolomiti di Sesto si abbracciano lungo un panorama indimenticabile.
Casera Rinfreddo e Casera Coltrondo – 1980 di media.
Lunga e quasi interminabile discesa. Dalla croce di vetta del Col Quaternà guardando nuovamente alla Sella del Quaterna, per poi deviare sulla destra su di un ampia serpentina che su sentiero 148 scende lungo la Val di Padola salutando definitivamente la Val Digon. Sebbene ora la Val di Padola diventa protagonista di questa fase finale di rientro, il cammino è molto piacevole e reso molto più animato dalla presenza di un alpeggio che con alcune mucche si eleva fino a questa quota.

La Ponta (2053m) è la parte terminale di questa lunga serpentina, un punto che dirama due differenti sentieri. Uno è il 149 che sarà poi quello che seguirò in direzione di Casera Ciampugon, mentre l’opposto, sempre come 149, è quello che ora diviene una perfetta alternativa per il pranzo di metà giornata.

Casera Rinfreddo e Casera Coltrondo si distanziano una decina di minuti di cammino l’una dall’altra, e da questo punto è questione di una quindicina di minuti per raggiungere la Rinfreddo che sulla carta è la prima che si incrocia.
Considerando bene l’orario in cui vi trovate in questo punto (La Ponta), la condizione fisica dopo una lunga camminata e salita al Quaternà, una delle due Casere diviene quel perfetto momento per la vostra pausa di metà giornata. Perfettamente posizionate a monte della Val di San Valentino, una piccola vallata che si allunga all’interno della Val di Padola, queste due importanti e comode strutture offrono all’ospite piatti tipici di Malga in dolce compagnia di animali liberi al pascolo.
Di Casera Rinfreddo mi preme anche informare che adiacente alla Malga stessa è presente una Casera che vende direttamente prodotti al dettaglio tipicamente caseari e a km0. Una perfetta occasione per pranzare in un ambiente comodo e confortevole con la possibilità, perché no, di fare anche una piccola spesa di prodotti di altissima qualità.
Casera Ciampugon – 1905m
Fatta eccezione di questa gustosa e piacevole alternativa (che ti consiglio caro/a amico/a), da La Ponta ora proseguo lungo il sentiero 149 che già da questo punto da indicazioni per Casamazzagno e Casera Ciampugon. Il rientro non si distacca molto dalla prima parte percorsa in quota. Ora la Val di Padola compone questa parte finale di giornata.
Un bellissimo sentiero che su di una strada forestale, privilegiata anche dagli amanti della MTB come un perfetto percorso da seguire lungo la Costa della Spina, seguendo un piacevole cammino su di una serie di facili sali/scendi in questi fitti boschi che ora ritrovo dopo diverse ore. Una serie di piccole valli prende così vita, una serie di piccoli luoghi che di tanto in tanto offrono splendide viste che guardano direttamente alla spinale di roccia che ora lentamente si copre di una piccola consistenza nuvolosa.


Il meteo in alta montagna si sa che spesse volte fa i capricci e non rispetta quelle previsioni rilasciate qualche ora prima. Ma la parte più interessante è stata fatta, al cospetto di un bellissimo sole che ora in modo molto timido mi conduce in Casera Ciampugon e l’ultimo alpeggio di giornata. Si tratta di una Casera dedita solo ai pascoli e riservata ai malgari. Mucche che placidamente si godono la loro Estate all’interno di questi ampi spazi. Le stesse che avevo in mattinata incrociato all’altezza del Monte Spina, e quei meraviglioso cavalli che hanno esaudito le richieste più importanti di tutta la giornata.
Due contesti naturali che fanno parte della Ciampugon, il mio ultimo frangente escursionistico di questa mia giornata in Costa della Spina.

Una piccola pausa in Casera, un paio di chiacchiere con i malgari per quello scambio di pensieri e per quel confronto che personalmente amo fare in queste circostanze, quasi a volermi immedesimare in questo esempio di libertà che da sempre vedo nelle loro presenze. Vivo questa Casera con una certa malinconia, con quella sensazione, essendo già a fine Agosto, di ammirare e vivere in prima persona forse quell’ultimo alpeggio di stagione, l’ultimo di questa mia lunga Estate Dolomitica.
È un pensiero che prende vita ascoltando uno dei malgari che mi conferma il rientro a valle del bestiame, la transumanza, prevista dopo la metà del mese. Questo mi fa ben capire che ormai è questione di poco tempo, valutando anche le mie prossime escursioni che non prevedono alpeggi nei paraggi. Cerco quindi di vivere questi istanti a stretto contatto con queste adorabili creature con maggiore attenzione, dove ognuna di loro ed ogni minimo particolare sarà quel ricordo che porterò con me per i mesi avvenire.


È forse anche per questo che la parte finale verso Casamazzagno sembra durare di più rispetto a quell’ora che di media dalla Casera giunge al punto di partenza. Una parte finale in cui riassumere tutto ciò che per l’ennesima volta queste montagne e questa Natura ha saputo donarmi, con quell’eccezione in più e che guarda verso Casera Ciampugon come l’ultimo alpeggio di stagione.

Escursione al top, bellissima sebbene lunga ma con quel dislivello che la rende ancora più piacevole. L’ultima nel Comelico per questa Estate che lentamente volge alla fine, sebbene prima dell’Autunno ci siano ancora tanti sentieri da affrontare.
Costa della Spina - Note Tecniche
Lunghezza sentiero: 21km
Dislivello totale: 1000m
Tempi di cammino: 7h (individuale)
Tipologia di sentiero: EE - Escursionisti Esperti
Traccia GPX: https://out.ac/IMdBWZ
Costa della Spina - La Mappa
Costa della Spina - Il Video
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Location: Costa della Spina - Val di Padola/Passo di Monte Croce - Comelico Superiore (BL)
Area Geografica: Comelico Superiore (BL)
Regione: Veneto
Accesso: su sentiero 148 dalla località Le Federe in Casamazzagno
Alloggio in Comelico: B&B Campitello13 - San Nicolò di Comelico (BL)