Stefano Germano
Picco di Vallandro - Dolomiti di Braies - Alto Adige
Aggiornamento: 28 lug
Sublime ed immensa terrazza panoramica che guarda verso le Dolomiti.
Se di punti panoramici le Dolomiti ne contano parecchi, quello dalla croce di vetta del Picco di Vallandro fa parte sicuramente tra i primi e più belli. Sono piccole considerazioni che nell’ambito naturalistico di queste montagne fanno sempre una certa differenza.
Quella differenza che comporta il salire in una croce di vetta come questa, tra le sue tante fatiche e da quella naturale condizione in cui durante l’Estate ti devi confrontare con tutti gli elementi presenti.

Il Picco di Vallandro svetta a 2839m di quota. Guarda nella sua bellezza assoluta verso Prato Piazza ed ammirare così quel grande panorama che raccoglie a sé tutte le Dolomiti di Braies. Ma tutto questo non si ferma qui.
Se si vuole osservare una prospettiva delle Tre Cime di Lavaredo e delle Dolomiti di Sesto come le Dolomiti d'Ampezzo, il Picco eguaglia qualsiasi aspettativa. Ma la salita è lunga, rocciosa e completamente al cospetto del sole cocente estivo.
Ma tutto questo potrebbe chiudersi in quei +800m di dislivello che separa la vetta da Malga Prato Piazza (Almhutte Platzwiese – 2048m) per esempio, una delle strutture turistiche ricettive presenti all’interno di questo bellissimo pianoro e dei suoi lussureggianti alpeggi.
Il che fa presagire quell’impegno fisico ben controllato e senza dover troppo “spingere” lungo quel suo roccioso sentiero.
Ma tutto cambia completamente aspetto se a quei +800m ci aggiungiamo altri +600m circa di continua salita tenendo come punto di partenza la località di Carbonin, che si pone a 1438m di quota lungo la SS51 che collega Cortina d’Ampezzo a Dobbiaco.
He si ora il margine aumenta, come aumenta pure quel calcolo finale in cui un dislivello di +1401m divide Carbonin stessa con la croce di vetta del Picco cambiando completamente ogni possibile valutazione tecnica.
Chi sale al Picco da Prato Piazza è un considerevole numero di escursionisti (circa il 90% giornaliero), mentre chi sale dalla “valle più profonda”, in questo caso la Valle di Landro, lo si può tranquillamente conteggiare sulle dita di mezza mano.
Libero arbitrio a tutti certamente, massima libertà di fare le proprie scelte. La mia rimane quella per cui una vetta la devi conquistare con impegno e fatica ed amalgamare queste due cose in passione e rispetto per la montagna stessa.
Il Picco di Vallandro da Carbonin non è cosa facile. Nelle diverse occasioni in cui mi sono mosso all’interno di questo sentiero è stato un continuo ripetersi di fatica ed impegno fisico.
Ma a me piace così...
Un ampio e libero parcheggio lo si trova lungo la strada, qualche centinaio di metri sulla destra se si giunge da Cortina prima di Carbonin stesso. Di lato opposto un’ampia cartellonistica che oltre a segnalare i sentieri più a monte dà anche il benvenuto all’escursionista all’interno del Parco Naturale delle Dolomiti di Braies. Il sentiero 37, che rientra all’interno dell’Alta Via n°3, segue una bellissima strada forestale dove nell’immediato vedo la presenza di alcuni animali al pascolo.

Un’area non proprio consona al classico alpeggio almeno per il mio punto di vista, essendo in prevalenza boschiva e su di un territorio privo di prati ma di una grande spalla che salendo in quota da vita alla vetta del Geierwand (2100m), estremo versante a Sud dell’Alpe di Specie. Ma questo non toglie la bellezza e l’allegria che queste mie adorabili creature portano lungo i miei infiniti Trekking.
Un continuo tintinnio che si espande attraverso la lunga valle, un piacere di quelli che mi accompagnano passo dopo passo.

Non potrei chiedere di più per dare inizio a questa mia nuova giornata Dolomitica.
La strada forestale sale senza tanti problemi, di questo primo tratto iniziale mi piace l’opportunità di evitare questa lunga serpentina rocciosa per entrare con decisione all’interno di questi boschi seguendo un sentiero (sempre marchiato con numerazione 37) che si innalza con un dislivello ovviamente più impegnativo ma che permette di camminare all’interno di questo meraviglioso ambiente naturale.






La strada forestale si incrocia un paio di volte, giusto per far ricordare la sua presenza. Ma io rimango sempre legato al sentiero, dove in alcuni tratti è piacevole incontrare dei piccoli acquitrini che dalle quote più elevate danno vita a piccole vene acquifere che in un certo senso danno maggiore vita a questi boschi.
Il silenzio si fa accompagnare da quel leggero fruscio del vento sugli alberi, dal cinguettio di piacevoli uccellini e da quest’acqua che risuona leggermente tra le rocce presenti. In lontananza quel tintinnio che per buona parte della giornata farà parte di questo mio cammino.
Rifugio Vallandro – Prato Piazza – 2040m
Poco prima di giungere in Prato Piazza una delle panoramiche più belle su ciò che mi sono lasciato alle spalle. Se la strada forestale e il sentiero 37 guardavano verso quel frangente roccioso del Cristallo e dei Cadini di Misurina in modo abbastanza marginale, ora i boschi lasciano spazio a questi due massicci rocciosi in modo più completo.
Il punto di vista lascia senza fiato, con questi due imponenti massicci rocciosi da osservare da un punto di vista sicuramente privilegiato. Tutto questo viene condito dai grandi prati e dall’alpeggio che ora apre le porte ad un nuovo scenario, dove la presenza di queste adorabili creature anticipano di pochi minuti l’arrivo al Rifugio Vallandro (2040m) e all’omonimo forte militare.

Non potrei trovare ambiente migliore per una pausa di metà giornata. Lascio lo zaino a terra e con grande tranquillità recupero un po di forze camminando liberamente tra queste tranquille creature riuscendo ad attirare la loro attenzione.
Una curiosità da parte loro quasi impossibile da credere, tanto che ad un certo punto mi vedo circondato in modo benefico da questa loro curiosità che in certi momenti si esprime in dubbiosi tentativi di “addentare” qualche parte del mio corpo. Mah non so! forse tutto questo è dettato dalla mia immaginazione, ma di fatto qualche “palpeggiatina” di troppo è data dal risultato di avere la maglietta leggermente strappata in vari punti.

Prendere tutto questo con filosofia? Certo, perché non dovrebbe essere così. Dopotutto sono io che invado il loro territorio e quella loro “privacy” che rispecchia da sempre quel senso di libertà che tanto ammiro in questi loro frangenti naturali. Il Rifugio Vallandro e il suo omonimo fortino militare, risalente già dalla Grande Guerra e poi ritenuto idoneo anche per il secondo conflitto bellico. Quel grande pennone a liberare al vento quella bandiera che identifica l’originale territorialità geografica e quel tipico accento che si mescola con la lingua Ladina a farti ricordare che l’Alto Adige in certi aspetti è una terra lontana da questa nostra cultura italiana.



Che questo sia giusto o no a me non interessa, ciò che penso è che questa storica cultura ha pienamente diritto di revocare le loro origini, le loro tradizioni e la loro lingua, che nel contesto in cui ci si trova è anche un piacere per l’udito e per quel dialogo e scambio di parole sicuramente particolare.
La giornata è ancora lunga per me, considerando che quelle due ore o poco più di cammino sono già state sfruttate. La seconda parte di questa escursione avrà seguito un po’ più avanti, e per ora mi prendo la comodità di osservare la bellezza naturale di Prato Piazza (2000m di media), i suoi fienili e gli alpeggi a seguito che si pongono alla base della roccaforte rocciosa della Croda Rossa (Sextener Rotwand – 2965m).





Una cartolina naturale perfetta. Questa grandi distese erbose che danno vita ad un contesto naturale carico di energia positiva. Se l’occhio vuole la sua parte per raggiungere un perfetto equilibrio, tutto ciò che mi si presenta di fronte guarda ad un contesto naturale perfetto per questo mio equilibrio.
Il sentiero 34/40 segue una linea di cammino che dal Rifugio Vallandro rimane leggermente in quota rispetto a Prato Piazza e la sua strada bianca che collega il Rifugio stesso all’Hone Gaisl e al Platzwiese, due strutture alberghiere poste ai margini della Val Stolla e all’Alpe di Vallandro.


Tutto questo perché per quel mio caffè di metà mattina prima dell’attacco finale alla vetta mi piace consumarlo in Malga Prato Piazza (Almhutte Platzwiese – 2048m), quel luogo che fa la differenza da sempre quando salgo quassù.
Sarà per quei suoi tavolini esterni e che guardano verso Prato Piazza da un punto di vista sicuramente unico.
Sarà per la cortesia del personale sempre attento a rispondere in maniera educata e disponibile, o forse perché la spontaneità di farne un punto di riferimento guarda verso la vetta del Picco da un punto di vista che io ritengo importante.
Bevendo in tutta tranquillità quel caffè ed ammirare la Croda Rossa e allo stesso tempo trarre dei calcoli tecnici su ciò che mi aspetta.
Picco di Vallandro – 2839m
Zaino in spalla, le ultime “occhiate” alla lontana vetta e a quel sentiero che da qui offre già una prima prospettiva di tutto quello che sarà. Il sentiero 40 prosegue in una tranquilla passeggiata osservando le mandrie di Mucche libere tra questi pascoli a guardami, come un fraterno saluto per un arrivederci al tardo pomeriggio. Una parte di transito molto piacevole, mi avvicino così alle altre due strutture alberghiere presenti e constatare il grande flusso di turisti che riescono a salire quassù con le proprie auto direttamente dalla valle che guarda verso il Lago di Braies.


Molti di loro pronti per la lunga salita, sicuramente più riposati rispetto al sottoscritto e quindi più in forze per affrontare il sentiero. Quel bivio finale che si collega da una parte a queste strutture e che, nel senso opposto per rimanere sempre con numerazione 40, sale già da subito per affrontare quei +800m di continua ed inarrestabile salita.
Questa situazione io la conosco perfettamente. La mia prima volta al Picco risale al 2016 e l’ultima, delle tre comprese, nel 2021. Ricordo molto bene tutto quanto come fosse adesso, compresa la parte iniziale di sentiero che già da qui non fa sconti per nessuno.

Chi parte direttamente da Prato Piazza affronta la metà della fatica di chi parte direttamente dalla Valle di Landro. Quei primi +600m circa di salita restano nelle gambe con quella stessa continuità con cui quella prima parte di sentiero sale senza un minimo di tregua. Questa seconda parte di tregua non ne riserva nemmeno una, se non addirittura impegnando maggiormente rispetto a ciò che mi lascio dietro le spalle.
Ma ora tutto questo passa in secondo piano. Ora devo guardare alla croce di vetta come la meta da raggiungere, consapevole dell’impegno che richiede.
Il sole ora batte al centro del mio cielo. Qualche nuvola di tanto in tanto per concedere quella tregua e per percepire quell’aria fresca che con il calore del sole scompare nell’immediato. Una lunga serpentina rocciosa prende quota nell’immediato, facendo già capire che quelle due ore e trenta minuti dichiarati dalle tabelle escursionistiche saranno una bella scommessa con sé stessi.
Il dislivello aumenta, come di tanto in tanto sono più frequenti delle piccole pause per tirar un po’ il fiato. Bere un po’ d’acqua, quel minimo necessario per calmare quella sete che di passo in passo si fa sentire sempre più forte. La salita è ancora lunga e una buona scorta di liquidi diviene ora di grande importanza.


Pensate che è notizia di qualche anno fa di un escursionista soccorso quasi in vetta del Picco per un grave problema di disidratazione. Una scorta d’acqua come di abitudine ma con quell’errore di valutazione che per poco non gli costava caro. Una buona scorta d’acqua quindi, quel tanto in più rispetto alla media personale che abitualmente portiamo appresso. Certo, perché sebbene a metà salita è presente una vasca di acqua corrente potabile che abitualmente viene utilizzata dai pascoli più in quota, non è garantito che a stagione estiva inoltrata questa sia ben rifornita.
E in quella mia ultima quassù nel 2021 mi riporta alla memoria questo improvviso inconveniente.
La certezza di avere a disposizione un elemento così importante come l’acqua è quella sicurezza che ti garantisce una perfetta continuità senza dover soffrire per la mancanza di questo elemento così vitale. Come scorta per ora è tutto nella norma e ben gestibile, ma ciò che mi pone qualche dubbio è di non vedere nessun animale al pascolo nella parte più alta dell’Alpe di Landro che guarda verso il Picco. Questo mette dei forti dubbi sulle probabilità di acqua in quella che ora io definisco l’oasi più importante dell’intera giornata.
No animali = no acqua? mah! questo lo scoprirò solo salendo.
Tutto comunque prosegue come da copione. Di tanto in tanto quelle piccole pause che fanno la differenza e che permettono di osservare questo grande scenario naturale che mi circonda da differenti prospettive. Quelle stesse prospettive che cambiano salendo sempre più in quota.
Ora alla mia oasi non dovrebbe mancare molto. Una serpentina dopo l’altra cerco sempre di focalizzare quel punto così importante. Conoscendo il sentiero so bene che la mia vasca miracolosa si trova proprio alla metà della lunga salita, con quella sensazione di freschezza che ora il mio corpo inizia un po’ alla volta a chiedere.
Quando tutto questo comincia ad assumere quell’aspetto di verità la mia attenzione si focalizza nell’immediato su quella vasca di legno, alla ricerca, sebbene da lontano, di quel piccolo riferimento che possa così esaudire quel mio forte desiderio di freschezza. Mi fermo per un attimo ad una decina di metri da lei.
La osservo e ciò che riesco a vedere è un timido filo d’acqua che in modo del tutto perfetto mantiene piena la vasca di questo essenziale elemento di vita. Sento perfino quel suo timido rumore, dove l’acqua con molta delicatezza esce da quel “rubinetto” del tutto naturale e rendersi così disponibile per ogni nostra necessità.


Quel dubbio precedente non trova, fortunatamente, fondamento. L’assenza degli animali al pascolo è stato un segnale in questo caso errato, come è consono non foraggiare gli animali stessi in zone carenti d’acqua. Ma stavolta mi sono sbagliato, e questi sono errori che hanno sempre un esito positivo.
Dopo aver riempito le mie borracce di acqua fresca immergo pure le mie mani che con grande soddisfazione rinfrescano quei punti del mio collo e della mia testa in balia del sole ormai da parecchie ore. Un vero toccasana, una grande sensazione di freschezza che carica le batterie quasi nell’immediato.
Forza Stefano, ora il sentiero lascia definitivamente quella parte composta da continue e strette serpentine rocciose. La roccia rimane e tale sarà fino alla vetta, ma sai benissimo che in quel frangente in cui il sentiero è più lineare rispetto a ciò che hai affrontato sino ad ora identifica una meta che si avvicina sempre di più. Lascio i verdi prati in quota per raggiungere la base più sommitale del Picco.

Tutto ora si compone di bianca roccia, così forte da riflettere con grande forza il riflesso del sole sui miei occhi. Sembra di avere il sole di fronte sebbene ora sia a picco nel centro del mio cielo. Il sentiero stesso diventa più friabile e in certi tratti anche più franoso. Raggiungo così la sommità della lunga cresta che collega il Picco di Vallandro con la Grande Piramide (2699m) per poi scendere in direzione della vetta del Monte Specie (Strudelkopf – 2307m). Una lunga cresta di roccia che guarda verso la Valle di Landro.

Ora solo certezze, una prima vista da questa cresta che guarda verso i primi gruppi montuosi che si pongono all’orizzonte. Per ora non ho nessun interesse nel distrarmi da tutto ciò che ora si apre al mio sguardo. Voglio godermi questo spettacolo dalla vetta del Picco e questa non tarda a farsi vedere.
La guardo spuntare da una parte che sulla destra cade poi a strapiombo verso la Valle di Landro. È lì dietro l’angolo, qualche centinaio di metri e poi sarò li, al cospetto di quella grande croce di vetta.

Qualche centinaio di metri ancora. Il sentiero ora diviene quasi pianeggiante e gira attorno ad una piccola spallina di roccia che, come per magia, improvvisamente apre il sipario su quella inconfondibile forma piramidale rocciosa del Picco di Vallandro e nuovamente di quella sua grande croce di vetta.
Ancora un piccolo passaggio su cui porre un po' di attenzione. Una corda di sicurezza accompagna in tutta tranquillità verso quei cinquanta metri completamente orizzontali e che guardano verso un nuovo mondo a 360° gradi.


Ammetto di essere stanco, di essere assetato e anche affamato sebbene in un paio di soste abbia sgranocchiato qualcosa. Sono così eccitato da tutto ciò che mi si pone di fronte che non riesco a capire se sia per ora più importante mangiare e bere oppure guardarmi tutto attorno. Scelgo la prima opzione.
Un bel panino e tanta acqua fresca e poi dedicarmi in tutta tranquillità all’intero pianeta che si pone ai miei piedi. Non solo altri escursionisti visibilmente stanchi ma con il sorriso e gli occhi che brillano di emozione pura.
Alcune Gracchie si avvicinano in tutta tranquillità alla ricerca di quel pezzo di panino che per loro è un grande regalo. Si avvicinano così tanto da far capire quanto sia alto il livello di confidenza con l’essere umano. Un livello che fa ben capire quanto sia frequentata questa croce di vetta durante l’Estate.
Un panorama straordinario
Ora vedo di rendere l’idea, con le foto di rito che fanno da testimoni a ciò che i miei occhi ora guardano dai piedi di questa croce e nella sommità di questa vetta. Ora immagina caro lettore di trovare il punto giusto, magari sotto a quella grande croce ed iniziare un viaggio che a 360° abbraccia a sé un mondo Dolomitico impressionante.
Tutto parte dall’imponente Croda Rossa per allungarsi verso le lontane Tofane. Un libero volo d’uccello che intravede la Croda da Lago e il Becco di Mezzodì, che con il gruppo del Cristallo chiude questa parentesi Ampezzana. I Cadini di Misurina anticipano di poco la Croda dei Toni e l’inconfondibile sagoma delle Tre Cime di Lavaredo.
Le Dolomiti di Sesto entrano di grande forza all’interno di questa naturale scenografia, come la Val Pusteria e la lunga valle che da Dobbiaco si innalza verso le bianche vette austriche. Il volo termina guardando verso le Dolomiti di Braies, dove la Croda del Becco si pone leggermente alle spalle della già menzionata Croda Rossa. All’interno di tuto ciò che ti ho descritto una serie di infinite guglie, di campanili rocciosi e di creste in alta quota ferme da milioni di anni.





Vorresti non scendere mai. L’istinto porta a rimanere quassù ad attendere quella notte che anticipa a sé un tramonto che sicuramente ricorderai per tutta la vita. Vorrei tante cose in quei momenti. Vorrei essere libero e seguire quella perfetta linea di volo di queste Gracchie che non smettono nemmeno per un secondo di far valere la loro presenza.
È tempo di scendere nuovamente. È tempo di salutare questa croce e di esprimere quel pizzico di invidia personale, un’invidia che nasce dal pensiero di tutto ciò che questo emblema ha la fortuna di ammirare stagione dopo stagione. Chissà quante albe e quanti tramonti si sono delineati lungo la sua grande mole. Quanti colori e quante sfumature un mese dopo l’altro.
La guardo per l’ultima volta prima di risalire quel piccolo crinale roccioso e ben attrezzato con una robusta fune. Appena girerò l’angolo sparirà dalla mia vista lasciando ai suoi piedi tutti i miei chissà, i miei pensieri e quel pizzico di invidia che ancora sento dentro. Tornerò certamente, quando questo non lo so, ma tornerò per rivivere nuovamente quelle stesse emozioni che per la terza volta mi sono apparse come un nuovo e sconosciuto mondo tutto da scoprire.
Il rientro è tutta discesa, piacevole e rilassante. Qualche pausa per immortalare le prime distese di fiori ora illuminati da una luce del sole completamente diversa da quella proposta al mattino. Il vento soffia leggermente permettendo ad ogni stelo colorato una suntuosa danza seguendo un ritmo dettato unicamente da questa Natura così immortale e piena di vita. Malga Prato Piazza, quel caffè tanto meritato e quella fetta di strudel che ora va giù come la benzina. E come dimenticare quelle Mucche che qualche ora prima mi guardavano con quella strana impressione di volermi dare appuntamento al mio rientro.




La promessa l’ho mantenuta e questo è uno di quei momenti in cui mi guardo indietro, consapevole che qualche ora prima ero lassù. Guardo con molta attenzione alcuni turisti placidamente distesi al sole da un’intera giornata e che non si immaginano minimamente cosa si stanno perdendo in questa vita terrena.
C’è una frase che spesse volte mi torna in mente. Dice che la parte migliore del creato la puoi ammirare riuscendo a “volare” al fianco dei grandi volatili. Il Picco di Vallandro offre questa rara opportunità, e ciò che io cerco di fare è di volare il più in alto possibile
Picco di Vallandro - Note Tecniche
Lunghezza sentiero: 11km
Dislivello totale: +1376m
Tempi di cammino: 5h (individuale e sola andata)
Tipologia di sentiero: EE - Escursionisti Esperti
Picco di Vallandro - La Mappa
Picco di Vallandro - Il Video
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Location: Alpe di Vallandro - Prato Piazza (BZ)
Area geografica: Parco Naturale delle Dolomiti di Fanes Sennes Braies (BZ)
Regione: Alto Adige
Accesso: su sentiero 37 all'altezza della località di Carbonin - Valle di Landro