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Dentro le mie Dolomiti

  • Immagine del redattoreStefano Germano

La Valfredda e il Fuciade - in Agordino e nella Val di Fassa

L’unione tra due territori e due bellissime vallate.

 

È una di quelle classiche escursioni che mi propongo spesso durante l’anno, indipendentemente dalle stagioni. Due bellissime valli che sono il fiore all’occhiello di due territori che si uniscono in un unico Trekking dal carattere decisamente invernale, e non solo. Certo, perché se le Dolomiti del Veneto confinano direttamente con le Dolomiti del Trentino, questa è l’occasione perfetta per prendere per mano in via definitiva queste due regioni Dolomitiche.


La Valfredda, per quanto riguarda le Dolomiti del Veneto, e il Fuciade per quanto riguarda le Dolomiti del Trentino. I loro rispettivi casoni e quelle panoramiche di grande effetto ed emozione.

 

Ciò che rende decisamente interessante questa escursione, è data dal fatto che la si può benissimo intraprendere sia da un versante che dall’altro. Da qualsiasi punto di vista la si voglia guardare il risultato è quello di un perfetto anello che non cambia minimamente né il suo dislivello totale che i tempi di cammino. In questa occasione decido di partire direttamente dalla Valfredda, territorio turistico della rinomata Falcade nel versante più occidentale dell’Agordino. Un cammino che in senso antiorario salirà dolcemente lungo la valle alla scoperta di ciò che ancora rimane vivo come cultura e tradizioni.


 

I Casoni di Valfredda – 1890m


Il Rifugio Flora Alpina (1818m) è il mio punto di riferimento per dare il via a questa mia lunga giornata invernale. Si pone lungo il versante più a Sud della Valfredda, ai piedi del Sass de la Palaza (2214m) su di un suggestivo pianoro, il Pian dei Cros, che durante l’Estate diviene un magnifico alpeggio di mucche e capre a libero pascolo. Quella che io definisco la cartolina perfetta, il classico angolo di beata e pacifica montagna che grazie alla presenza di diversi sentieri offre l’opportunità di svariate escursioni che comunque rimangono su di una media difficoltà.



La giornata di sole è perfetta, poche velature nel cielo che permettono così di dare il via alla giornata con la giusta dose di buon umore. Il Rio di Valfredda scende dai versanti più a monte, quei versanti che danno vita al Pizzo Forca (2285m), che salendo il Pian de la Schita congiunge il Passo di Forca Rossa (2415m) e la Val de Franzedas che guarda direttamente alla Marmolada. È un torrente che suona già di un imminente Primavera. I versanti più a monte delle alte vette che andrò poi a scoprire sono decisamente già spogli di quel manto nevoso presente nelle precedenti settimane. È un fine Inverno tiepido, con quel minimo spessore da permette un repentino scioglimento dei nevai maggiori, e il Rio in questo frangente è portatore naturale di questa strana stagione.



Il cammino è piacevole e rilassante. Una leggera pendenza che si allunga su di una strada ben battuta e di facile apprendimento. Il Pian dei Cros è il custode di una serie di meravigliosi fienili e piccole baite (tutte private) che vanno a formare una delle attrazioni escursionistiche più famose di questo versante dell’Agordino: i Casoni di Valfredda. Di loro ne ho già parlato in varie occasioni. Mi piace tenere in considerazione questo territorio e questi piccoli angoli di Paradiso, perché dal mio punto di vista fanno parte di quella montagna che non deve essere mai dimenticata.

Essi, infatti, sono la testimonianza ancora presente di quell’antica montagna dove uomini ed animali hanno condiviso per secoli la loro quotidianità all’interno di questi territori, stagione dopo stagione. Tornassimo indietro almeno di un secolo potremmo trovare queste piccole strutture (ben mantenute e ristrutturate a dovere) un po’ come le troviamo adesso. Qualche diversità certo, ma con quella particolarità in cui esse venivano vissute da quell’antica generazione di pastori ancora ignari dell’interesse turistico che con il tempo avrebbero prodotto.




Ora, a differenza di quelle lontane epoche, prevale sempre l’alpeggio estivo, ma con quella mancanza culturale in cui il rapporto tra uomini e animali era molto diverso. Tutto questo crea in me ogni sorta di pensiero, di emozione e di grande rispetto per il luogo in cui mi trovo. Ogni casone, dal più piccolo al più grande, è una sorte di pagine di storia. Ben rifiniti, adornati da attrezzi che a quei tempi erano di ordinario utilizzo. Anche il più semplice come una slitta appesa al muro, racconta a sé quella che era la quotidianità e di come fosse più impegnativo il lavoro lungo queste grandi distese di prati.



Tutte cose che in modo inevitabile richiamano la mia attenzione, tutte piccole sfaccettature che nella loro semplicità fanno ben capire quanta umiltà e semplicità serviva per vivere anche nelle condizioni più estreme: sia d’Estate come d’Inverno. È il classico viaggio che amo affrontare durante i periodi dell’anno come questo. Quei periodi in cui il disgelo apre quelle prime parti di sentiero che fino a qualche tempo prima rimanevano chiusi dalla neve. Questo periodo in cui questa prima parte di libertà di movimento può finalmente avvicinarmi ad osservare e toccare con mano e agevolare maggiormente quello spirito di curiosità che mi permette di vivere sotto diversi punti di vista il piacere delle mie escursioni.

Questa ampia strada centrale, questi casoni che la costeggiano e altri che si allontanano da essa per qualche centinaio di metri. Sono tutti facilmente raggiungibili, seguendo magari qualche evidente marcatura presente, o affrontando qualche tratto in cui la neve rimane ben ghiacciata e di facile cammino. Sono tutti ben raccolti, all’interno di questa magnifica valle dove solo il Rio de Valfredda interrompe in modo piacevole questo loro infinito ed eterno silenzio.




Questo mio piccolo ed ennesimo viaggio nel tempo giunge al termine quando mi trovo al cospetto di una piccola chiesa commemorativa.



Si trova nel versante più a monte del Pian dei Cros. Si pone su un piccolo ripiano e guarda direttamente lungo la valle, quasi a voler contemplare la meravigliosa vista che guarda verso le lontane Pale di San Martino. La sua è una presenza quasi divina. La osservo da molti anni e ogni volta è sempre come fosse la prima. Vengo attratto dalle sue scritture esterne e dalle spiegazioni che dei totem commemorativi ne racchiudono la sua sacra presenza. È il punto più a monte dei Casoni, l’ultimo frangente prima di iniziare una bella salita si di un comodo sentiero che ora inizia ad avvicinarmi maggiormente alle vette che fanno da cornice all’intera valle.

 

Cambio di regione – 2100m


Il sentiero 694 segue sulla destra una leggera salita che guarda verso la Val di Forca, marcata a sua volta dal sentiero 631. Ma il 694 rimane il mio riferimento di cammino, salendo in modo molto piacevole alla base della piramide erbosa del Pizzo Forca (2285m). Questo bellissimo monte per ora non è ben visibile ai miei occhi, lo sarà più tardi quando salirò verso il suo versante opposto. Il cammino è agevole, poca neve su questa che durante l’Estate è una normale strada bianca di montagna. Una serpentina che giunge al cospetto di un Cristo che diviene il mio punto di riferimento per un cambio di direzione.





La neve ora è più presente, sebbene di basso volume ma allo stesso tempo poco consistente. Rivedo nuovamente quel pensiero in cui questo finale di stagione risulta dalle temperature decisamente anomale, e la qualità di neve presente è più intenta a inzuppare il sentiero che un possibile utilizzo di ciaspole. Il Cristo mi direziona a seguire il sentiero 670 che dal versante opposto al mio scende direttamente dal Monte le Saline (2402m), ma soprattutto dalla grande parete rocciosa che a Nord dà vita ad una spinale Dolomitica di grande spessore. Una lunga catena che forma una serie di guglie e campanili a formare vette che di poco non toccano quote a 3000m.



Il Pulpito di Fuciade (2875m) si apre sulla destra a formare un grande abbraccio roccioso che termina la sua possanza in vetta del Pizzo le Crene (2760m) all’altezza di Forcella Forca Rossa (2490m), affrontata lo scorso inverno. Dietro a questa prima muraglia di roccia pallida il Pulpito di Fuciade (2875m) che pone le basi di una perfetta cornice Dolomitica che con il Sas de Valfreida (3009m), Cima Ombretola (2931m), il Palon de Jigole (2815m), termina la sua corsa in Cima dell’Uomo (3010m). una continua ed assidua successione di imponenti torrioni che però saranno parte integrante durante il mio passaggio al Fuciade.

Mi soffermo in questo luogo per diversi minuti. Osservo ogni vetta e la cerco utilizzando la mia mappa escursionistica. Voglio capire, conoscere e dare un nome a tutto ciò che mi circonda prima che tutto cambi completamente ogni punto visivo del mio panorama. Guardo nuovamente verso le Pale di San Martino. Guardo verso Sud perché il mio cammino ora mi allontana da questi versanti rocciosi per intraprendere una leggera e piacevole salita che mi permette di camminare lungo il versante più a monte della Valfredda ed osservarla così dall’alto, da una diversa prospettiva.



Questa lunga dorsale è la linea di confine tra il Veneto e il Trentino, tra l’Agordino e la Val di Fassa. Una perfetta linea di cammino che si allunga attraverso questa sua naturale cresta, dove i paletti di demarcazione dei due alpeggi (Valfredda e Fuciade) ne disegnano il perfetto confine geografico. Punto panoramico di grande spessore. Mi lascio alle spalle la Valfredda e finalmente posso spaziare la mia vista su tutto ciò che prima rimaneva semi nascosto. Ora la bellissima piramide del Pizzo Forca raggiunge la sua completa fisionomia, e con essa il lontano Col Becher (2444m) e quella parte più a monte di Forcella Forca Rossa.

Ma è il nuovo che attira maggiormente la mia attenzione. Ad Ovest si apre così il territorio del Trentino, dove gli ampi piani del Fuciade aprono così il sipario ad un panorama che guarda verso l’intero Passo San Pellegrino (1920m) e parte di quella sua lunga catena montuosa che la divide dalla bellissima Val di San Nicolò. Il Trentino e la Val di Fassa mi danno così il loro piacevole benvenuto, senza che manchi da parte mia quel briciolo di interesse rivolto al Sas da la Tas Cia (2866m) e dalla bellissima Cima dell’Uomo (3010m).



 

Il Fuciade – 1982m


Mi aspetta così un’entusiasmante discesa su neve fresca lungo questo versante che da una media di 2100m mi accompagna ai 1982m del Fuciade, dei suoi casoni e del suo rifugio per eccellenza. Una lunga spalla che scende così in modo molto piacevole all’interno di uno scenario ricco di grandi punti di vista. La neve da questo versante è più consistente, trasportata con forza dai forti venti che dal Passo San Pellegrino risalgono questo versante. Accessorio importante ora sarebbero le ciaspole che ora non porto con me. Valutando bene questa escursione e la minima presenza di neve per la maggior parte dell’itinerario, lasciarle in auto rimane comunque la scelta giusta, sebbene la leggera difficoltà che mi pone questo versante.



Il vento, sale rapidamente dalle valli circostanti con quella forza da scaricare, a tempi alternati, forti raffiche a rendere questo versante che guarda verso il Fuciade a tratti di neve friabile e consistente e quei tratti in cui la neve stessa forma delle grandi lastre di ghiaccio quasi impenetrabile. Lo percepisco maggiormente in questo passaggio, a differenza della Valfredda, sicuramente più riparata dalle spalle montuose laterali, l’esposizione a spazi aperti è maggiore e questo non fa altro che alimentarne maggiormente la sua forza.

Atterro così dolcemente nel Prà Gran, che dà vita ad un bellissimo pianoro che apre la visuale ad uno spettacolo quasi infinito. Completamente a cielo aperto, quella sua ampia battitura di sentiero che ora rende il proseguo più tranquillo e spensierato. Gli occhi fissano con grande emozione questa grande piana che in lontananza, semi nascosti dal bianco candido della neve, da vita alle inconfondibili sagome dei Casoni del Fuciade, con alle loro spalle un’apertura rocciosa che vede nel Sas da la Tas Cia (2866m) e Cima dell’Uomo (3010m) i pinnacoli di roccia che del Fuciade ne sono l’emblema per eccellenza.



L’impatto è straordinario. Mi fermo per qualche minuto all’ombra di un grande albero, l’unico presente all’interno del Prà. È ancora completamente spoglio, e le sue rame rinforzate dall’età che si porta, proiettano nel bianco candore della neve quelle ombre che ispirano maggiormente il panorama che mi si pone di fronte. Un panorama piatto, una perfetta linea che separa i Casoni dalla roccia sovrastante per chiudere questo meraviglioso quadro naturale nel blu di un cielo quasi surreale.

In questo frangente più movimento di escursionisti. So benissimo che da questo punto dovrò dimenticare completamente la solitudine e il silenzio che nelle ore precedenti mi ha accompagnato lungo il mio cammino. Il Rifugio Fuciade (1982m) è una bellissima struttura che non conosce stagioni. Anche durante l’Inverno rimane aperto seguendo un calendario che copre gran parte della stagione bianca. Ci si arriva con molta facilità seguendo quella sua strada battuta, sentiero 607 del Sentiero Italia, in meno di un’ora e con un minimo dislivello direttamente dal Passo San Pellegrino. In aggiunta, per chi vive la montagna al massimo della pigrizia, un comodo servizio di navette e la caratteristica carrozza invernale trainata da cavalli, sono quella ciliegina sulla torta per fare si che questo Paradiso del silenzio venga invaso dal mondo intero.




Rimango al Rifugio Fuciade per il mio pranzo. Seduto al sole nella sua terrazza panoramica mi godo momenti e piatti tipicamente Fassani di ottima qualità e servizio. Per circa un’ora metto da parte quel mio lato selvaggio di vivere la montagna in solitudine e lontano da qualsiasi schiamazzo di stagione. Trovo l’ospitalità del Rifugio Fuciade la scusa perfetta per immedesimarmi per qualche minuto in quella frangia di persone che mai capirebbero quanto sia importante il silenzio e la tranquillità nel cuore di questi contesti naturali così unici. Ma come sempre dico la vita è fatta di tante scelte e tante diversità, ognuno sceglie di vivere tutto questo sfruttando al massimo comodità e servizi, e chi, come me, conquistare le proprie vette seguendo una filosofia completamente diversa.

Mi rilasso, sto bene ugualmente sebbene il piccolo parco giochi del rifugio allontana da me qualsiasi forma di silenzio. Riprendo il mio cammino soddisfatto di questa pausa culinaria e inizio ad entrare nuovamente all’interno del mio mondo fatto di quella tipica cultura e storia di una montagna di altri tempi. I Casoni del Fuciade diventano così una nuova immersione all’interno di tempi andati. Una serie di baite e fienili (anche questi privati) che costeggiano questa strada battuta. Allontanarmi dal Rifugio Fuciade identifica un panorama in continua espansione. La presenza delle lontane Pale di San Martino segue la mia stessa direzione di marcia, mi danno l’impressione di avvicinarsi sempre più.



Ogni casone ha una sua storia da raccontare. Molti di questi si trovano dispersi in quelli che tra un po' torneranno ad essere dei bellissimi prati dediti all’alpeggio estivo. Per giungere al loro cospetto in certi frangenti faccio un po’ di fatica. Tratti di neve alta complicano il cammino senza le ciaspole di dovere, ma è un piccolo sforzo che vale la pena di affrontare se poi lo spettacolo che nutrono vale tutto il sudore possibile. Mi siedo al sole su una di queste. Un piccolo spiazzo esterno che miracolosamente porta con sé un leggero strato bianco. Quei suoi tronconi esterni adibiti a comode sedie e quella sua panca che indice in me qualche minuto di pace e relax.

Ora sono fuori dal circuito turistico di massa, di tanto in tanto il vento trasporta leggeri sussulti di grida o risate a squarciagola che dal mio punto di vista rimangono fuori luogo dal contesto in cui ci si trova. Ma a tutto questo c’è sempre la migliore soluzione: l’indifferenza. Il sole è bello caldo, il vento non riesce a trovare la via giusta per scaricare tutta la sua forza, e questo rende questa giornata degna di un clima da Primavera avanzata. Si sente il forte profumo del legno che sembra quasi avvolgere il mio corpo. Un profumo dettato da abili mani di sapienti falegnami, che di ogni particolare hanno ben saputo dar vita. Intarsi, disegni ben definiti, sculture che rappresentano ciò che la Natura e la quotidianità di tempi lontani regnavano all’interno di questi grandi alpeggi. In alcuni di essi si leggono storie, momenti e quel tenore di vita che il tempo e la modernità ha leggermente allontanato.




Ma tutto questo vive nei miei pensieri. Vive tenendo costantemente gli occhi chiusi con il viso diretto al sole. Vive perché quella leggera brezza che di tanto in tanto sale sembra voglia portare con sé momenti in cui quel famoso rapporto tra uomini e animali era più sentito, più parte di un contesto famigliare. La mia immaginazione si abbina al profumo di questo legname, alla tranquillità e alla bellezza di questi fienili che rimangono parte integrante di una serie di pagine storiche di alta montagna. Devo solo aprire gli occhi, e guardarmi attorno. Sono circondato da una grande distesa di bianco, da altre baite che sembrano posizionate una di fianco all’altra seguendo una certa logica.





A quel tempo molti di loro non sapevano ne leggere e ne scrivere, ma vivevano di quell’intuito che la Natura stessa insegnava loro. Certi calcoli venivano fatti ad occhio, calcolando con perfezione le distanze che limitavano i grandi prati e le prime spalle di montagna e valutando in modo perfetto i rischi che possibili valanghe potevano presentare. Le baite venivano costruite senza seguire un disegno delimitato da un piano “urbanistico”, ma bensì guardando con molta attenzione tutti i possibili aspetti negativi che la Natura poteva imporre. I torrenti, i boschi, le grandi pareti rocciose, la vicinanza alle strade principali, una piccola parte di una serie di valutazioni che davano così vita a questi piccoli paradisi in alta quota.



Ora rimangono ancora li per tutti noi. Per buona parte di esse sono cambiati i sistemi di utilizzo, molte sono state adibite a case vacanza private mentre altre rimangono come punto di riferimento per tutte le necessità degli alpeggi in Estate. Chiudo questo cerchio, guardo nuovamente a questa mia escursione dando appuntamento ad un prossimo viaggio nel tempo un po’ più in là. Ora devo solo rientrare in direzione del Rifugio Flora Alpina e chiudere così questo bellissimo cerchio, questa ennesima giornata vissuta con grande emozione e grande ottimismo.

È questione di una ventina di minuti al mio punto finale. La strada battuta ora scende in direzione de La Buja e de Le Frate, due punti geografici che mi riportano nuovamente all’interno dei boschi. Il pomeriggio porta con sé un sole che aumenta leggermente quel suo calore, dove la poltiglia che pesto ad ogni passo identifica un disgelo imminente. Man mano che scendo mi guardo sempre alle spalle. Se di fronte imperterrite le Pale di San Martino rimangono eterne guardiane del mio cammino, ciò che lascio dietro è un insieme di spunti che in certi istanti riavvolgono ciò che per me è stato.



 

La Val Fredda e il Fuciade – Note Tecniche


Bellissima escursione invernale, poco impegnativa e che trova spunto per il pranzo di metà giornata al Rifugio Fuciade. Si completa facilmente nell’arco di una giornata, dal Rifugio Flora Alpina si sale su sentiero interno alla Valfredda, con un dislivello massimo di circa +250m per raggiungere il punto più alto della spalla montuosa che divide il Veneto dal Trentino (versante più a Nord della Valfredda). Il seguito poi è una lunga discesa che dal Fuciade riporta nuovamente al punto di partenza.

Se il tempo è buono è possibile aggiungere due ottime alternative tenendo poi sempre il Fuciade come seconda parte dell’escursione. La prima è quella di salire in Forcella Forca Rossa (2490m) dopo aver risalito la Valfredda. Questa comporta +401m di dislivello in salita e 2h 30m (individuale) in più di marcia da aggiungere alla giornata complessiva. La seconda, sempre proseguendo dal versante più a monte della Valfredda, salire in direzione del Monte le Saline (2402m) congiungendosi con il sentiero 693 per la Val de Meda e scendere al Rifugio Fuciade su sentiero 607 ai piedi del Sas de la Tas Cia. Un dislivello di +420m in 2h (individuale) da aggiungere alla giornata complessiva. Dalla Val de Meda un panorama idilliaco verso l’intera parete a Nord della Valfredda e del Fuciade.


 

La Val Fredda e il Fuciade – La Mappa



 

La Val Fredda e il Fuciade – Il Video


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Location: Valfredda (Falcade Agordino Dolomiti) - Fuciade (Soraga Val di Fassa)

Area Geografica: Agordino Dolomiti (Valfredda) - Val di Fassa (Fuciade)

Regione: Veneto (Valfredda) - Trentino (Fuciade)

Accesso: dal Rifugio Flora Alpina su sentiero 694 in direzione della Valfredda



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