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Dentro le mie Dolomiti

  • Immagine del redattoreStefano Germano

Anello del Monte Cornon - Val di Fiemme

Aggiornamento: 28 lug

Le nubi, scure e propense a quella loro intenzione di scaricare tutta la loro forza che in questa Primavera sta cambiando qualsiasi previsione.


Poche volte come quest’anno mi sono trovato nella situazione di confrontarmi con temporali ed acquazzoni pomeridiani che inevitabilmente hanno reso il mio cammino più impegnativo. Mai arrendersi certo, ma se devo identificare un periodo dell’anno come questo devo sicuramente tornare indietro di parecchio tempo.



Mai arrendersi, certamente. E alla faccia di ogni previsione meteo avversa, il Pampeago rimane ugualmente quell’escursione che apre le porte alla Val di Fiemme, e a quel mio preciso interesse di iniziare un lungo cammino che nelle Dolomiti del Trentino e nell’Alto Adige sto ponendo ogni idea e proposito per l’imminente Estate. Le scorse settimane sono state per me l’occasione perfetta per avvicinarmi a questo nuovo contesto Dolomitico, che dal Lago delle Buse ha guardato verso il Lagorai ed entrare così nella Val di Fiemme.


Il Pampeago. Prende vita a monte della Val di Stava e guardare verso quel versante a Sud del Latemar. Rinomata località turistica invernale per i suoi impianti ad hoc che si collegano con Predazzo per vivere a piene energie il contesto naturale che offre al turismo internazionale stagione dopo stagione. Ma la mia stagione è quella dei fiori e delle prime e lunghe giornate che guardano verso l’Estate, sebbene circondato da nuvole minacciose che invadono questo mio meraviglioso cielo.



Chalet Caserina (2009m) è una struttura dedita all’ospitalità turistica che in questo primo periodo di Giugno è ancora chiusa, dopo aver salutato un lungo Inverno e in attesa di guardare alla prossima stagione calda. Lo Chalet è il mio punto di partenza ufficiale di questa lunga giornata in quota. il sentiero 514 è un’ampia strada forestale che sale leggermente lungo il versante più a Nord del Censi (2215m), una lunga spinale che vede nei verdi ed ampi prati la sua consistenza maggiore. Poca roccia, decisamente scura ad evidenziare l’aspetto geologico di cui queste montagne si compongono.


Un sentiero molto particolare e di facile cammino sebbene l’intero anello mi riserverà verso la fine la parte che posso tranquillamente tradurre come la più “impegnativa”, sebbene facilitata dal cammino stesso. La particolarità sta nelle sculture presenti lungo questa prima parte. Una serie di lavori artistici dove abili mani con l’utilizzo del legno, del ferro e della pietra, hanno dato vita a momenti e pensieri ben descritti su delle tabelle disponibili ad ogni escursionista. Un inizio molto particolare, che non distoglie minimamente lo sguardo e l’attenzione verso il Latemar.



Possente gruppo montuoso che dalla Val di Fiemme si innalza verso torrioni e guglie rocciose che già da questo luogo danno già l’idea di tutto ciò che si racchiude al suo interno. Solo per un breve periodo di tempo riesco a focalizzare ad occhio nudo la presenza del Rifugio Torre di Pisa (2671m) che si pone verso questo mio versante. È una vista stupenda, stimolo di prossime tappe all’interno di quel suo mondo Dolomitico. Una visione che dura ben poco. È questione di una manciata di minuti prima che tutto questo immenso panorama venga preso in ostaggio da cumuli nuvolosi che salgono con molta fretta dai versanti opposti.


Ma io devo guardare avanti, seguendo questa linea di cammino che dal Latemar si allontana senza troppa fatica. Un primo bivio. Sulla sinistra il sentiero prosegue su di una immediata serpentina che guarda in direzione del Rifugio Monte Agnello (2180m), che per ora non mi interessa. Diventerà protagonista di questa mia giornata nella parte finale della mia escursione. Le tabelle indicative che sulla mia destra guardano verso il Baito Armentagiola e Croce Cornon, sono quelle di riferimento rimanendo sempre su sentiero 514 ed iniziare così una leggera salita.



Un passo dopo l’altro e l’occhio sempre ben attento a ciò che mi circonda, sculture comprese. La Val di Stava inizia ad essere così partecipe a questa mia giornata. Una serie di vette completamente verdi e a tratti boschive con quelle tracce di Vaia che rimangono evidenti, come una cicatrice impossibile da eliminare. Delle sculture presenti una coglie maggiormente l’attenzione. Un grande blocco di marmo Dolomitico appoggiato su di una roccia. Il titolo dell’opera, “C’era una volta il mare”, raffigura una serie di fossili veri e testimonianza di un passato che guarda milioni e milioni di anni indietro. Una carta geologica che testimonia la naturale composizione di questi territori, gli stessi che ora noi viviamo in un contesto completamente diverso.



La Val di Stava

Il transito lungo la base Occidentale del Censi è meraviglioso. Una lunga strada che continua quella sua leggera e pacifica salita, aprendo nuovi punti di vista che ora si dividono solo con il cielo. un lungo pianoro erboso che prosegue guardando verso la Val di Stava. Tracce di pascoli lasciati durante la stagione estiva precedente, dove il mio pensiero di questi alpeggi liberi e solitari danno maggior vigore a questa mia giornata. Un piccolo recinto, una vasca con una piccola fontana in attività. Quel leggero fragore dell’acqua che interrompe un silenzio assoluto. Il panorama è perfetto per questo luogo perfetto, reso magico da quella panchina in legno che in questo istante diviene luogo di ammirazione e contemplazione.






Tutto ciò che mi circonda si presenta come un perfetto quadro naturale, dove le verdi vette della valle vanno in contrasto con le nuvole bianche e grigie, formando un dipinto naturale che vale quella piccola sosta in quella che ora io definisco “la panchina perfetta”. Non si potrebbe chiedere di più, non potrei per nessun motivo chiedere di più. Un leggero sole penetra lungo il mio cammino, reso vivo da quelle nubi che a sorpresa si aprono su di un cielo azzurro. Il verde di questi alpeggi prende così vita, illuminandosi d’oro dal calore e dalla luce della nostra meravigliosa stella primaria.



Baito la Bassa – 2160m

La mia è una sensazione di poesia che non conosce fine. Forse perché è la prima volta che mi incammino attraverso queste che per me sono montagne del tutto nuove. Questo sicuramente alimenta maggiormente il mio #spiritolibero, quella necessità di toccare con mano nuovi sentieri, nuovi territori ed esaudire così quel mio grande desiderio di cambiamento. Iniziando dalla montagna. Il Baito la Bassa si posiziona a 2160m adiacente una piccola forcella che ne porta il nome. Una piccola struttura solitaria e nascosta dal mondo intero, che guarda verso la catena del Lagorai da una posizione a dir poco meravigliosa.


La Bassa

Non la conosco per nulla, trovandomi per la prima volta al suo cospetto e trovandola pure aperta. Mi riservo il panorama adiacente a dopo, per ora la mia curiosità mi spinge al suo interno e scoprire così in questa umile dimora tutto il calore e la storia di una montagna di altri tempi. Ben attrezzata con stufa a legna, un grande tavolone circondato da comode panche e un letto a castello che, adeguandosi alla situazione, può benissimo ospitare quattro persone. In quel poco che riesco ad osservare da ciò che le pareti in legno custodiscono, ritengo la sua una storia legata ad un passato dove persone, ormai non più tra di noi, hanno dato il meglio di loro stessi per donare a tutti noi, ancora viventi, momenti di una montagna straordinaria, per notti stellate sicuramente indimenticabili.


Baito la Bassa




Uscire dal Baito, osservare con molta attenzione tutto ciò che mi si presenta è l’ennesima ispirazione per dare così vita alla mia fantasia. Non oso minimamente immaginare la sensazione di svegliarsi all’alba su questo luogo incantevole. Aprire la porta del Baito e guardare verso il nuovo giorno che prende vita al cospetto di un punto di vista verso la Val di Fiemme e un intenso tratto della catena del Lagorai. Non riesco a fare finta di nulla, sebbene il sole sia già alto da diverse ore mi immedesimo ugualmente a questo mio ennesimo gioco di fantasia. Le sensazioni sono indescrivibili. Vive dentro di me e stimolo di positività interiore.





Lascio questo luogo così speciale consapevole di ritrovarlo nel pomeriggio, divenendo un punto di transito per quella che sarà la parte finale di questo lungo anello. Risalgo leggermente verso la sua forcella, osservando con molta attenzione le tabelle indicative con la consapevolezza che ora il mio sentiero proseguirà quella leggera salita, e che vede nel versante più a monte del Dos dai Branchi il punto di maggiore elevazione in quota dell’intera giornata.


Dos dai Branchi – 2274m

Il sentiero 525 diviene così la mia corretta linea di cammino da seguire. Rimango sempre come punto di direzione verso la Val di Stava avvicinandomi, sebbene in quota maggiore, al centro di Stava, che lungo la valle si trova a circa 1200m di altitudine. Il mio sguardo e le mie panoramiche ora iniziano ad allungarsi verso quella parte della Val di Fiemme che guarda in direzione dei centri abitati al suo estremo Oriente. Non solo Cavalese, Castello di Fiemme e Molina di Fiemme, ma anche quel primo tratto ben visibile del Lago di Stramentizzo (Stramentizzo-Stausee in tedesco), un lago artificiale che trattiene le acque del torrente Avisio. Sebbene il cielo coperto da nuvole sempre più dense, l’orizzonte rimane bello pulito e questo mi permette di osservare orizzonti sempre più lontani. La salita al Dos si addentra su di una fitta presenza di bassi pini che fortunatamente non nascondono nulla di tutto ciò che mi circonda.






Il Dos dai Branchi non tiene una vera e propria vetta. Una tabella indicativa di sentiero ne trascrive la sua sommità maggiore e una direttiva di sentiero che rimane sempre sul 525. Inizia una fantastica discesa, con le tabelle indicative che segnalano il Baito Armentagiola in circa 25 minuti di cammino. Ma al Baito guardo in ciò che sarà la seconda parte di questo itinerario. Ora la croce di vetta del Cornon è quella che maggiormente mi interessa.


Una lunga discesa certo. In alcuni tratti ripida ma resa agevole da una comoda scalinata in legno preparata ad hoc. Un paio di piccole forcelle che salgono leggermente a ridosso di vette boschive e spalline che, come un gioco di prestigio, si nascondono ad improvvise formazioni nebbiose che salgono direttamente dalla valle. Segno premonitore che quasi certamente il pomeriggio mi riserverà l’immancabile acquazzone. Ma a questo è bene non pensarci. Una leggera svolta sulla destra per oltrepassare una spallina boschiva, ed ammirare un nuovo scenario, l’ennesimo che sorprende la mia vista.



Ai piedi di questo mio attuale versante in quota, una leggera apertura nel cielo illumina di luce un grande pianoro erboso, uno dei tanti alpeggi caratteristici della bellissima Val di Fiemme. È il pianoro che evidenzia in primo piano la sagoma del Baito Armentagiola, che sembra quasi a voler richiamare la mia attenzione. Eccolo laggiù il mio “giro di boa” quel punto strategico che poi mi accompagnerà attraverso il versante opposto di questa mia magnifica montagna. La discesa prosegue, ripida ma senza nessun problema legato alla mia sicurezza. Entro così nel versante più a monte di questo ampio e sperduto pianoro, adiacente ad una nuova tabella di sentiero.




Cima del Cornon – 2189m

Dieci minuti, soltanto dieci minuti di leggera salita che mi dividono da questa croce di vetta. Dieci minuti che valgono una vista panoramica verso la Val di Fiemme da incorniciare. Dieci minuti proseguendo il cammino attraverso questi bassi boschi che ora, a differenza di prima, si posizionano in modo “strategico” sebbene naturale. Non lasciano trapelare nulla un passo dopo l’altro, nemmeno qualche leggero punto di vista indicativo. In effetti sono dieci minuti, che in successione mi pongono al cospetto di questa grande croce e del panorama che non tradisce nessuna aspettativa.


Croce del Cornon

La Val di Fiemme, una lunga lingua pianeggiante che guarda verso l’immensa catena del Lagorai. Da questo punto di vista raggiungi perfino le vette che dal Passo Manghen proseguono la loro lunga corsa in alta quota guardando verso i Laghi del Colbricon, il Passo Rolle e le Pale di San Martino. Mi sembra di abbracciare tutto questo da un unico punto di osservazione, un punto idilliaco per ammirare in tutta la sua bellezza questa nuova scoperta che porta il nome della Val di Fiemme. Perfino le nuvole minacciose ora divengono importanti, regalandomi colori e sfumature degne del luogo che mi ospita, esprimendo al meglio quella loro forza naturale e quell’eleganza da rendere questa vista indimenticabile e carica di energia.


Baito Armentagiola – 2130m

Una lunga sosta, seduto comodamente al cospetto di questa grande croce che guarda verso valle. Quei dieci minuti riprendono così vita, scendendo nuovamente per quell’unico tratto che dagli alpeggi precedenti mi hanno accompagnato quassù. Minuti per ritornare d’innanzi a quelle tabelle indicative di sentiero ed iniziare quella discesa finale attraverso questi verdi prati in direzione del Baito Armentagiola. Anche in questo caso bastano pochi minuti, l’essenziale per questa piacevole passeggiata al centro di un mondo che in questo frangente è unicamente mio.

Il Baito sorge a 2130m di quota, su di una naturale terrazza panoramica che guarda in direzione del La Busa Fonda, una lunga vallata che sale direttamente seguendo una linea di sentiero (510) dalla località di Panchià. Con grande piacere la trovo aperta, il che mi fa ben pensare che anche questa, come la “cugina” la Bassa, sia disponibile agli escursionisti in transito lungo questa sua linea di cammino. Ben arredata e con tutti i propositi per passarvi una notte sicuramente particolare. Non mancano foto e ritratti che segnano non solo il tempo di questa struttura, ma anche la storia di uomini che nel passato ne hanno scalfito dei segni indelebili.


Baito Armentagiola



L’aumentare della densità nuvolosa e del vento che inizia a richiamare quel temporale che quasi sicuramente da qualche parte mi aspetta. Rimango ugualmente assorto per un po di tempo e consumare con tutta calma il mio pranzo a sacco comodamente seduto su quel bel tavolone in legno posizionato esternamente. Un’intera giornata completamente da solo, sebbene in un fine settimana che nel complesso poneva delle previsioni meteo abbastanza positive. Una solitudine che viene improvvisamente interrotta da una bella famiglia, composta da due genitori e due figlie già abbastanza grandi. Uno scambio di saluti e quelle informazioni che rientrano nella norma tra noi escursionisti, soprattutto se per l’intera giornata non si sia incontrato anima viva.


Ma è tempo di rimettere a posto ogni cosa, compresi i rifiuti di un pranzo decisamente salutare da riportare a valle senza mai lasciare quella traccia che identifica maleducazione e mancanza di rispetto per il luogo che ci ospita. Il cammino è ancora lungo considerando che sono poco più oltre la metà del mio anello. In questo caso, per il corretto proseguo, le vie di rientro sono due. Una posta leggermente più a monte, seguendo il sentiero 523 direttamente per il Baito la Bassa, mentre la seconda, quella che seguo, guarda come indicazioni per il Baito del Val Sossoi e le Buse delle Dolae. Un breve tratto che scende attraverso i boschi per poi congiungersi con il sentiero 513 che tiene sempre come riferimento il Baito del Val Sossoi.





Una lunga e bellissima discesa attraverso i boschi. Un sentiero che in breve tempo assume l’aspetto di una strada forestale e che inizialmente scende più a valle rispetto al sentiero più a monte (523) del Dos dei Branchi. Una continua e facile “passeggiata” che arrivando nel versante più basso di questa vallata pone una deviazione di qualche centinaio di metri sulla destra, in direzione del Baito de Val Sossoi.


Baito del Val Sossoi – 1886m

Il terzo ed ultimo di giornata. Si nasconde per bene all’interno di questi fitti boschi e a differenza dei precedenti lo trovo chiuso e quindi non sono in grado di dare indicazioni per il suo utilizzo. Una piccola deviazione dal sentiero principale che vale la pena di osservare, per la bellezza e la cura di questa struttura che inevitabilmente non manca di rispecchiare la bellezza e il fascino che nutro nei confronti di questi piccoli “eremi” solitari. Il baito centrale, una bella legnaia esterna e quella cura di trovare quel piccolo perimetro pianeggiante che l’ospita ben curato e tutto in ordine come giustamente deve essere.


Baito de Val Sossoi


Devo ricongiungermi nuovamente con il sentiero principale, il 514 che avevo lasciato leggermente più a monte e che dal mio punto di vista ritengo essere quella parte leggermente più impegnativa dell’intero anello. Tutto si compone in quei +274m di dislivello che separa questo Baito con il Baito la Bassa. Un dislivello che si può ben tranquillamente definire nella norma se non fosse dato dal fatto che si affronta su una linea di sentiero abbastanza corta. Difatti raggiungere La Bassa e il suo Baito è questione di circa 45 minuti, ma comunque sia che allungano abbastanza il fiato.


Baito la Bassa

Rifugio Monte Agnello - 2180m

Pronti per la parte finale e la chiusura dell’anello? Bene, allora lasciato il Baito la Bassa, già visto nella mattinata, la mia mappa escursionistica mi da indicazioni nel seguire il sentiero 509, che dal baito stesso si innalza verso la parte superiore del Censi. Io però decido da variare questa parte di cammino, seguendo un’ampia strada forestale che dalla destra del Baito scorre alla base, lungo il versante ad Est, del Censi stesso. Inizialmente pianeggiante per poi scendere leggermente di quota e salire nuovamente in direzione di una piccola forcella: La Porta.




Sono esattamente 2154m di quota. Una forcella che diviene anche il punto di diramazione di diversi sentieri e che nel giro di dieci minuti mi porta al cospetto del Rifugio Monte Agnello a 2180m di altitudine. Il Rifugio si compone di una struttura tipicamente in legno, “assorbita” dall’impianto a monte di uno dei punti di discesa invernali presenti all’interno del comprensorio del Pampeago. Ottimo spunto per rimanere per una decina di minuti al riparo da una pioggia che “allieta” da qualche minuto questa mia chiusura. Poncho e via, per quell’ultima discesa in direzione dello Chalet Caserina.


Forcella La Porta

Rifugio Monte Agnello

In questo ultimo frangente lascio libertà al mio istinto. Sebbene piova a dirotto lascio il sentiero principale per una ripida discesa seguendo una delle piste da sci presenti. Ora torno a guardare nuovamente verso il versante a Sud del Latemar, completamente avvolto da una fitta coltre di nubi cariche di pioggia. È questione di poco per giungere allo Chalet e chiudere così definitivamente questo bellissimo anello.



Indipendentemente dalla giornata nuvolosa, ritengo opportuno definire questa escursione in quota bellissima, avventurosa ed emozionante. Nemmeno mi immagino come possa essere con una di quelle tipiche giornate estive, perfette e con il caldo sole ad allietare il cammino. Una bella esperienza, un nuovo sentiero che apre maggiormente a nuovi orizzonti, e dove il mio #spiritolibero ha finalmente trovato il giusto equilibrio. Il Trentino e il Pampeago nella splendida Val di Fiemme, un regalo immenso da portare sicuramente nel cuore.

 

L'Anello del Monte Cornon - La Mappa



 

L'Anello del Cornon - Il Video


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Location: Monte Cornon 2189m

Area geografica: Pampeago - Val di Fiemme (TN)

Regione: Trentino

Accesso: dallo Chalet Caserina su sentiero 514 per il Rifugio Monte Agnello

Alloggio in Val di Fiemme: B&B Affittacamere Ceschini - Tesero (TN)




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