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SILENZIO - TEMPO  -  MISURA

Io e il Lupo...

  • Immagine del redattore: Stefano Germano
    Stefano Germano
  • 30 set
  • Tempo di lettura: 6 min

Un'emozione indescrivibile, la mia.


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Una di quelle emozioni che forse poche volte capitano nella vita. Uno di quei confronti che spesse volte accadono anche nelle vicinanze dei centri abitati ma che se vissuti nei boschi, all'interno del suo mondo e lontano dalla civiltà, assume un aspetto completamente diverso.


Notizie di Lupi che in determinate situazioni scendono nelle vicinanze dei centri abitati ormai non creano più nessuna preoccupazione. Un avvicendamento che di solito accade durante la stagione invernale, in cui la difficoltà di trovare prede di cui sfamarsi porta questi predatori a scendere verso i paesi più a valle con la speranza di trovare quel sostentamento tanto necessario.


Questa loro misticità, questo meraviglioso alone di mistero che avvolge questa straordinaria creatura, mi porta a guardare verso questo essere vivente con quella curiosità che si accompagna a quella sensazione in cui questa figura così leggendaria assume l'aspetto di quel possibile pericolo per la mia incolumità. Una di quelle sensazioni che per l'ennesima volta mi fa sentire come "ospite" all'interno di un mondo che non è il mio, e che mi fa capire quanto l'essere umano a volte non sia proprio a suo agio in ciò che lui stesso ritiene la "sua casa".


Io il Lupo per una sola volta l'ho guardato dritto negli occhi. Il Lupo per una sola volta nella mia vita è stato parte di quei pochi secondi che per l'emozione provata sembravano un eternità. Secondi che tradotti in emozioni risultano indescrivibili e percettibili solo dopo qualche istante, quell'attimo in cui un "anormale" scambio di sguardi non ti fa più sentire un essere di questa terra ma bensì parte di quella sua vita così selvaggia e leggendaria.



"Un anima libera non puoi possederla.

Un anima libera puoi solo amarla e rispettarla"



Credo non ci sia frase più bella per iniziare a raccontarti com'è andata, per farti sentire parte di una di quelle emozioni che rimarranno sempre in quella parte del cuore dove solo le vibrazioni più forti e i ricordi indelebili trovano spazio. Vibrazioni che percepisco nel preciso momento in cui questo confronto avviene all'interno del suo ambiente più naturale: i boschi.


E' una mattina di metà settimana, un giorno feriale in cui pochi escursionisti si allungano verso i sentieri. Una mattina di un mese di Febbraio di un paio di anni fa. Una mattina meravigliosa, dove il sole riflette la sua luce e quel tepore di stagione sui grandi manti nevosi che da Zoppè di Cadore mi accompagnano verso il Rifugio Venezia. Mi trovo in Val di Zoldo nello specifico.


E' una di quelle giornate che visto le perfette previsioni meteo mi invitano per istinto a salire in quota, a lasciare la mia quotidianità per guardare con occhi pieni di gioia verso il maestoso e immenso Monte Pelmo. Il "Caregon del Padreterno", imponente lungo la Val di Zoldo come nei versanti opposti della Val Fiorentina. Un cammino che dal piccolo centro di Zoppè segue quell'unica via che in tutte le stagioni conducono al Rifugio Venezia. Un cammino completamente lontano da qualsiasi possibile pericolo, soprattutto d'Inverno, e che abitualmente diviene un punto di rifermento per una spensierata e tranquilla camminata invernale.


Tutto sembra perfetto. Il Monte Civetta da un lato e l'Antelao dall'altro come a volermi accompagnare verso questi miei spazi infiniti, verso questo cielo che nel suo blu intenso rende maggiormente merito a questa mia giornata in questa bianca e silenziosa camminata. Un passo dopo l'altro nella mia solitudine più assoluta, dove nessun rumore dettato dalla civiltà moderna può ostacolare tutto ciò che ora questa Natura esprime. L'ultima nevicata è del giorno prima. I primi passi lungo il sentiero 493 sono i miei.


Questo mi regala la magnifica sensazione di un cammino dove la neve ancora vergine impone l'utilizzo delle ciaspole, seguendo un cammino che per intero si innalza leggermente seguendo una strada forestale interna. Questa sensazione di essere il primo dopo l'ultima neve caduta si interrompe all'altezza del Tabià Belvedere, luogo meraviglioso per avere in lontananza una delle più belle espressioni del Monte Civetta. Le mie tracce improvvisamente si incrociano su una sottile linea di demarcazione che guarda già lontano, verso il mio stesso senso di marcia.


Tracce di un essere vivente sicuramente di piccola taglia, o perlomeno non umano. Tracce di animale che, viste le sue piccole dimensioni, non abbino a un animale selvaggio come un capriolo o un camoscio. Nemmeno in qualche coniglio selvatico o altro essere vivente di questo mondo tra i boschi. Le tracce inducono nell'immediato nella presenza di un cane, ma così lontano dalla civiltà deduco che è quasi impossibile si tratti di un cane randagio. Troppo lontano dalle comodità di un centro abitato dove trovare cibo a sufficienza anche d'Inverno.


A questo punto non mi rimane che lui. Non mi rimane che l'unico sospetto cada su questa mitologica figura che tra la Val di Zoldo e la Val Fiorentina trova da centinaia di anni il suo habitat perfetto. Il sentiero prosegue. Prosegue anche il mio cammino seguendo quelle tracce che sembrano come riferimento per la giusta via da seguire. Il mio, invece, è un cammino non più tanto tranquillo e spensierato come pochi minuti prima. Da parte mia un susseguirsi di sguardi alla costante ricerca di un possibile riferimento di come e dove sia questa presenza. L'intento di tornare indietro ribolle nella mia testa. Sono solo, senza nessuna possibile protezione dettata da questa figura che per il momento rimane ancora ben nascosta tra questa fitta vegetazione.


All'altezza del passaggio sotto le Crode de Pena, il sentiero viene temporaneamente nascosto da una leggera spalla rocciosa. Il sentiero stesso tiene improvvisamente sulla destra senza lasciarmi spazio per guardare oltre, per avere quel riferimento visivo di ciò che mi aspetta più avanti. Sebbene ora il Monte Pelmo entra in scena in tutto il suo splendore, non riesco a togliermi dalla mente quelle continue tracce che seguendo un passo ben stabilito sembrano voler anticipare il mio stesso obbiettivo di giornata. Questa leggera e nascosta curva sulla destra improvvisamente apre la vista su di un rettilineo di cammino di un centinaio di metri.



"Lui stà li! fermo al centro della mia stessa carreggiata a una trentina di metri da dove mi trovo io, da dove improvvisamente mi fermo"



E' una di quelle sensazioni che gelano il sangue, che fanno scorrere dei brividi gelidi lungo la spina dorsale. Un freddo improvviso si impadronisce del mio corpo. Non posso muovermi, non saprei proprio come fare e come comportarmi. Sono secondi che sembrano infiniti, mentre il suo sguardo si incrocia con il mio. Un maschio di una stazza e di un'eleganza meravigliosa. Pelo di un grigio scuro così intenso da farmi percepire il grigio chiaro dei suoi occhi. Sembra tranquillo inizialmente, ma anche incuriosito della mia improvvisa presenza.


Una postura padronale. Rimane fermo di traverso quasi a volermi mostrare con fierezza la sua eleganza, la sua bellezza. La coda rilassata mi fa ben capire di non sentirsi a disagio o innervosito dalla mia presenza. Da parte mia non ho nulla da dimostrare, se non nel tenere un atteggiamento tranquillo in modo da non mostrarmi in inferiorità. Allunga il collo e il muso leggermente in alto. E' alla ricerca di qualche odore, di percepire il mio quasi a volermi capire seguendo questo suo istinto come un possibile o eventuale pericolo. L'immagine che ho di fronte a me è sublime, spazia qualsiasi possibile immaginazione. Anni di esperienza tra queste montagne sono il nulla rispetto a tutto ciò che questa selvaggia creatura mi sta regalando.


Di fronte a me un istante da ricordare per sempre. Un esperienza che da positiva potrebbe diventare un possibile pericolo. Il Lupo non attacca l'uomo per fame, non percepisce quell'odore di carne selvatica di cui lui stesso si nutre. Il Lupo attacca l'uomo solo in possibili circostanze di pericolo o se la mia presenza risultasse un pericolo per una cucciolata nelle vicinanze. Il suo è un atteggiamento tranquillo. Mi osserva come se volesse dirmi qualcosa, come a volermi tranquillizzare da questa sua selvaggia e imponente presenza. Sono solo istanti certo, ma di quelli che sembrano durare un'eternità e che stranamente vorrei durassero per sempre.


Momenti in cui la verità viene a galla. Momenti in cui mi rendo veramente conto di quanto il nulla siamo al cospetto di questo lato di Natura selvaggia. Momenti in cui questo confronto mi fa capire che posso fare ben poco in caso di pericolo, nei confronti di questa creatura abilmente dotata di qualsiasi arma pronta per uccidere. Un solo movimento da parte sua sembra improvvisamente distruggere questa armoniosa misticità. Due passi in avanti verso di me, con quello sguardo come a volermi comunicare qualcosa che purtroppo nell'immediato non percepisco. Due passi che accompagnano il suo sguardo verso i boschi.


E da questa fitta vegetazione sembra per istinto sentire un richiamo. Un paio di salti ben calcolati per immergersi nella neve alta e scomparire lungo la piccola valle in direzione di Casera Rutorto. Tutto termina in una frazione di un paio di secondi. Rimango fermo e cerco di raccogliere ogni possibile sensazione da quei due secondi mentre il mio sguardo segue quella figura scura, agile ed elegante sparire all'interno di un mondo che non sarà mai mio, mai di nessun altro al di fuori di quel mondo selvaggio che nel Lupo si rappresenta in modo perfetto.


Tutto questo non cambia la mia giornata. Proseguo ugualmente in direzione del Rifugio Venezia che raggiungo di li a poco. Un pranzo a sacco all'interno di questo luogo che l'Inverno tiene segretamente nascosto al mondo intero. Nel mio silenzio, nella mia più totale solitudine per riflettere e focalizzare per bene la straordinaria esperienza vissuta poco tempo prima. L'unica della mia vita con il Lupo fino a ora. L'unica che ancora oggi, a distanza di un paio di anni, mi ha permesso di carpire tutta la bellezza esteriore e interiore di questo essere vivente, mistico e leggendario.




Stefano




2 commenti

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Matteo
06 ott
Valutazione 5 stelle su 5.

Quando noi escursionisti ci inoltriamo nella natura più selvaggia dobbiamo farlo con rispetto e consapevoli che non è il nostro vero habitat ma siamo degli ospiti, dei viandanti di passaggio. Non ho mai avuto occasione di incontrare un lupo ma con questo racconto è come se lo avessi vissuto. Un saluto

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Alberto Age
04 ott
Valutazione 5 stelle su 5.

Grazie Stefano, grazie per questo incredibile racconto!

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