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SILENZIO - TEMPO  -  MISURA

L'attesa...

  • Immagine del redattore: Stefano
    Stefano
  • 3 giorni fa
  • Tempo di lettura: 3 min

L'Inverno alle porte.


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L’attesa segna il destino dell’uomo, così come in Natura ogni movimento, anche il più impercettibile, risponde a un istinto primordiale. È in quel ripetersi antico che si compone l’armonia più autentica, quella che solo la Natura sa donare al senso profondo della vita. L’attesa è un bosco che, nel suo silenzio sovrano, si lascia attraversare dal passo invisibile del vento, messaggero di nuovi elementi in arrivo. È nel torrente di montagna che lentamente si assottiglia, cedendo parte della sua forza prima che il gelo arresti quasi del tutto il suo corso. È nell’aria stessa: fresca e leggera d’Estate, poi tagliente e aspra, capace d’insinuarsi nelle ossa quando l’Inverno reclama il suo regno. L’attesa è l’essere umano, l’unica creatura che in questo mondo rimarrà per sempre ospite, pellegrino di passaggio.


Con l’Inverno, l’attesa si accorcia e diventa più severa, più solitaria. Un silenzio denso, quasi assoluto, dilata lo spazio attorno a sé, mentre ogni cosa sembra disporsi con prudenza, come in vigile osservazione di un possibile cambiamento. Anch’io, come la Natura, resto in ascolto di ciò che percepisco come nuovo. La neve è la prima testimone naturale di questo passaggio: ricopre ciò che mi lascio alle spalle, come un velo che custodisce tanti ricordi . Ricordi primaverili che rivivo con entusiasmo, quando il disgelo, illuminato dal primo sole caldo, restituiva ai sentieri e all’intero habitat una luce nuova. L’ardore dei torrenti, il loro fragore pieno di vita. Poi l’Estate, poi l’Autunno: stagioni che nulla chiedono, se non la libertà di esprimersi nel loro pieno movimento.


La prima neve frena il mio entusiasmo. Spegne quella sensazione di libertà illimitata che mi ha accompagnato per lunghi mesi. La neve chiude, di colpo, ogni varco che tocca il cielo e rende rallentato persino il passo. Allora l’attesa mi avvolge del tutto, con un filo di malinconia: mi sento più stretto, come in una gabbia naturale che limita i pensieri, le ispirazioni. La Natura insegna che l’attesa e la pazienza sono le armi più potenti dei predatori, strumenti di un equilibrio perfetto che per noi umani è spesso difficile comprendere.


L’attesa è una forma di rispetto. Nasce dal silenzio, l’unico luogo in cui si può ascoltare la trasformazione del tempo senza ostacolare ciò che non conosce fretta. Anche la neve che cade possiede un respiro lieve: un tocco fragile e pacifico che si adagia con dolcezza su ogni forma di vita, rinnovandola nel suo silenzioso abbraccio. Nei miei ricordi non esiste un tempo come l’Inverno, capace di farmi percepire con tanta intensità la necessità dell’attesa. È una stagione che si avvicina in silenzio, chiedendo rispetto e raccoglimento, quasi imponendo di cercare il massimo isolamento per non disturbare un momento tanto fragile e solenne.


L’attesa è uno spazio sospeso, un tempo che non appartiene né al passato né al presente.

È il respiro trattenuto prima di un cambiamento, il silenzio che precede una rivelazione. Nell’attesa convivono desiderio e timore: il desiderio di ciò che potrebbe arrivare e il timore che ciò che attendiamo non si realizzi. È un esercizio di fiducia, un invito alla pazienza.

Ci insegna a guardare con occhi nuovi ciò che già abbiamo, mentre il futuro ancora non si svela. L’attesa può consumare o può trasformare: dipende da come scegliamo di abitarla. Alla fine, attendere significa dare valore al tempo, riconoscere che non tutto accade immediatamente e che certe cose, per sbocciare, hanno bisogno di un ritmo diverso dal nostro.



Stefano







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