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SILENZIO - TEMPO  -  MISURA

Il Biella, l'ultimo rifugio.

  • Immagine del redattore: Stefano Germano
    Stefano Germano
  • 7 ott
  • Tempo di lettura: 9 min

Con quel forte senso di malinconia.



E' una di quelle giornate che arrivano anno dopo anno. Inevitabilmente l'Estate lascia posto a quelle prime e fredde giornate che segnano un tempo che scorre in modo veloce sotto ai miei piedi. Arriva il momento di salutare quel piccolo mondo che all'interno del "mio" di mondo sono e saranno per sempre la mia seconda casa.


Come per tradizione arriva quel momento in cui dedicare un'intera giornata al rifugio, a questo che io vedo come un luogo dove trovare pace, serenità, una buona tavola e quel calore che nelle lunghe notti d'Estate mi dona la vita sotto i cieli stellati più belli del mondo. La mia è una "tradizione" che vivo sempre con quel senso di una malinconia che inevitabilmente coinvolge i miei sentimenti più belli. Quei sentimenti in cui il mio desiderio di libertà e di pace trovano quassù l'equilibrio perfetto per una vita perfetta.


Dedico così istanti e ore di un intera giornata per un cammino che per me diviene quasi un pellegrinaggio. Una di quelle giornate in cui salire nelle quote maggiori con quella forte emozione in cui ogni mio passo mi avvicina sempre più a quel luogo che per poche ore rimane ancora una casa aperta e ospitale. Ma questo mio pellegrinaggio deve assumere l'aspetto di un viaggio nel tempo del tutto particolare. Un viaggio che mi porta all'interno di una dimensione lontana da ogni minima forma di civiltà.


Il rifugio vero. Quello lontano ore e ore di cammino e inavvicinabile da qualsiasi mezzo a motore o da quei tralicci a fune che spesse volte raggiungono "ipotetiche" strutture che del vero rifugio non hanno nulla a che vedere. Il Rifugio Biella ora per me diviene l'esempio più vero e sacro di quel luogo dove solo la forza di gambe e la volontà rappresenta in modo perfetto questa figura leggendaria, e che nel mondo dell'escursionismo rimarrà per sempre un luogo dove trovare sempre la propria e giusta dimensione.




Malga Ra Stua e la Val Salata


Inizia tutto da questo punto. Malga Ra Stua e la Val Salata in quell'ultimo margine territoriale delle Dolomiti d'Ampezzo. Un'ampia strada bianca che scorre guardando verso le vicine Dolomiti di Braies e che del "mio" territorio si uniranno pacificamente con questi ultimi frangenti Ampezzani. Giornata grigia e fredda. Nuvole che scorrono velocemente e radenti alle lunghe creste di roccia rossa e frastagliata che nei versanti maggiori danno vita alla meravigliosa e imponente Croda Rossa (Hohe Gaisl - 3146m).



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Una giornata particolare che inizia già con queste prime sensazioni. Percepisco una certa malinconia considerando questa mia giornata così particolare. Le condizioni meteo colorano questo mio mondo di un atmosfera quasi surreale. Lascio la Ra Stua per iniziare questo mio cammino attraversando il Valon Scuro e arrivare al Cianpo de Crosc dove la mia memoria mi riporta indietro nel tempo di solo un paio di mesi. Tutto è così strano, quasi inimmaginabile paragonando il Valon e il Cianpo in piena attività durante l'Estate.


Animali liberi al pascolo all'interno di queste ampie radure erbose. Mucche e cavalli in perfetta armonia e alla massima espressione di libertà. Ora tutto questo sembra svanito nel nulla. Dai verdi e lussureggianti alpeggi riscaldati dal magnifico sole estivo, al grigiore di una giornata fredda e senza colori sebbene con quelle prime avvisaglie di un nuovo Autunno. Al Cianpo de Crosc mi fermo per qualche minuto, osservando quella piccola baita isolata dal mondo intero e percepire quella sensazione del totale abbandono.



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Al Cianpo de Crosc



Da sempre l'Autunno mi trasmette quella strana sensazione in cui tutto sembra fermo e abbandonato. Non solo dal movimento escursionistico ma anche da quella forte energia trasmessa dal mondo animale che quassù trascorre i momenti più belli dell'Estate. Un energia e una vitalità che ora sembra svanita nel nulla, ingoiate da queste nuvole così grigie e quasi minacciose di un imminente pioggia. Ma non voglio farmi prendere da una malinconia che sembra avvolgermi sempre di più.




Mont de Foses


La Val Salata si innalza quasi nell'immediato. E' il tratto più impegnativo dell'intero dislivello di giornata. Dai boschi della valle alle prime radure di bassi boschi per guardare verso nuovi orizzonti. Tutto ciò che mi lascio alle spalle non mi è nuovo. Cammino su questa strada bianca (sentiero n°6) da parecchi anni, un cammino ripetuto diverse volte e in tutti i frangenti stagionali da rendere quasi "noiosi" alcuni punti che scorrono velocemente e senza nessun interesse da parte mia. Nei versanti maggiori della Val Salata le prime prospettive che cambiano questa mia sensazione di noia, con quelle particolari attenzioni che si aprono verso nuove aspettative e punti di vista.


Creste di roccia rossa e frastagliata, tipica espressione di una Dolomia completamente lontana dalla classica che forma gran parte delle Dolomiti Ampezzane. Spalle rocciose dove lo scorrere del tempo si legge come un libro a cielo aperto, tra placche e cedimenti naturali a designare in modo perfetto la naturale formazione geologica delle Dolomiti di Braies: almeno da questo loro versante. In effetti è così. La sottile linea che delimita i due territori da vita a un naturale cambiamento strutturale di queste montagne.



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Gli altipiani di Senes



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Sentiero n° 6 per il Monte de Foses



Respiro così quell'aria che improvvisamente percepisco carica di spensieratezza ed entusiasmo. Lascio quella che per me rimane ancora la "noiosa" Val Salata per guardare verso queste prospettive che respiro come l'aria buona delle quote maggiori. Tutto assume un aspetto contemplativo e stimolo d'illuminazione, per quel pensiero in cui dedicare me stesso e ogni mio proposito al rifugio e all'ambiente che lentamente si apre su di un debole cielo velato.


Mi faccio così accompagnare da tutta una serie di propositi che finalmente sembrano ascoltare ogni mio pensiero, ogni mi richiesta terrena. Bisogna sapere chiedere per poter ricevere, e in ogni richiesta anche un piccolo granello può fare la differenza. Le quote maggiori per infinite prospettive che guardano verso i lontani versanti delle Dolomiti di Braies. Quei versanti territoriali del Fodara Vedla, dei vasti altipiani di Senes e caratterizzati da fenomeni di carsismo nelle forme più svariate.


Un pianeta lunare composto da campi carreggiati, fenditure, pozzi, doline e caverne e dare così vita a un mondo dalle sembianze del tutto innaturale, dalla bellezza selvaggia e quasi inaccessibile. Il vento diviene ora complice di questo mio pellegrinaggio, ponendosi come alleato e aprendo ampi scorci di cielo dove poter finalmente ammirare la bellezza del mio universo. La mole della Remeda Rossa (Rote Wand - 2605m) come la Croda Rossa Pizora (Kl Gaisl - 2850m) per immergermi all'interno della bellezza naturale del Mont de Foses.



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La Remeda Rossa (Rote Wand - 2605m) e la Croda Rossa Pizora (Kl Gaisl - 2850m)



Un esteso altipiano dove ampie radure erbose trovano integrazione con bianchi sassi dalle più svariate forme. Un apertura visiva che da lontano si espande fino a mettere in luce il "gigante" roccioso della Croda del Becco (Seekofel - 2810m), su di un panorama che sembra non avere confini. La strada bianca prosegue su leggeri sali/scendi dolci e panoramici in una continua apertura visiva dove carpire ogni particolare di questo meraviglioso promontorio, in un susseguirsi di continui avvallamenti finalmente illuminati da un energico e caldo sole.




Rifugio Biella - 2327m


Il tempo cambia. Ora come per una divina magia le nuvole lasciano spazio a un cielo meraviglioso, Un azzurro così intenso quasi in sintonia con quei primi tratti erbosi in cui l'Autunno si pone con quella sua rossastra veste, l'inconfondibile colore in cui i primi e intensi freddi simboleggiano la loro presenza. Il grande pianoro del Monte de Foses non evidenzia nessuna presenza vivente. Solo i suoi tratti di erba ormai rossastra e i grandi massi bianchi che sembrano non avere una storica origine ma caduti come dal cielo per mano di chissà quale leggenda.



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L'altipiano del Monte de Foses. In centro e in lontananza il Rifugio Biella



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La Croda del Beco (Seekofel - 2810m)



Un piccolo puntino di roccia si identifica all'interno di questa ampia desolazione. Proprio nei versanti più a Nord, in un piccolo e stretto pianoro alla base della Croda del Becco e della lunga cresta rocciosa della Croda de Foses. Una sagoma rocciosa e innaturale che sembra voler giocare di mimetismo con la naturale formazione rocciosa presente. Mi avvicino camminando alla base della Croda, così vicino da poterne ammirare la sua straordinaria composizione formata da placche tettoniche e strati lisci e impenetrabili. Un enorme scivolo naturale che espone al mondo intero una parte di ciò che l'evoluzione del nostro pianeta rimane come testimonianza di epoche per noi impensabili.


Un cubo di grandi blocchi della più bianca Dolomia. Disposti uno sopra l'altro per dare così vita al mio rifugio e avvicinarmi così a quelli che almeno per quest'anno sono gli ultimi sussulti di una stagione ormai lontana. Il Rifugio Biella. Non la mia prima volta quassù in tutti questi anni in cui è stato protagonista di brevi transiti, ma che in questa occasione diviene un riferimento che per il mio stato emotivo ritengo molto importante. Il mio ultimo rifugio per guardare al passato e a tutte quelle forti emozioni che la lunga Estate lascia impresse nella mia memoria.





Momenti da dedicare a me stesso, che inizialmente si concentrano su di un piacevole pasto caldo seduto comodamente su quella sua terrazza esterna. Il vento non riesce a contrastare nulla, nemmeno l'impeto di Eolo. Il sole alto e limpido nel mio cielo e un mondo immerso nel silenzio assoluto che ora sembra riservato a quei pochi esseri umani che come me per oggi hanno deciso di trovare la pace quassù. Una calma che mi immerge nell'immediato nei pensieri più belli, quelli da dedicare a questa mia casa naturale e a tutto ciò che da essa traggo come ispirazione.



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Zaino a terra come spesso accade, in un rituale in cui libero da ogni peso riesco a rilassarmi e focalizzare la mia mente in tutto ciò che ogni elemento naturale mi accoglie a se. Quando il mio spirito è in connessione con la vita e con la mia anima, i miei pensieri diventano la dimora del mio essere più vero. In questi momenti così forti pormi a una certa distanza dal rifugio mi permette di ampliare maggiormente la visuale su alcuni punti naturali, renderli un tutt'uno con il rifugio stesso e trovare così ogni risposta per ogni mia domanda. La connessione ora è perfetta. Sentirmi in pace con il mondo intero e felice di trovarmi in questo luogo così straordinario mi permette di focalizzarmi su questa mia casa, seduto su un masso bianco che sembra non capitare per caso.






E' in perfetta linea di congiunzione con la grande e possente mole della Croda del Becco. Una perfetta cartolina naturale dove trovare la giusta connessione con questa struttura e pormi tante domande.

Chissà quante voci e quanti sguardi queste mura custodiscono all'interno di questo silenzio quasi surreale.


Quanti pensieri e quante emozioni vissute in silenzio sono state espresse anche in modo involontario da tanti essere umani uniti tutti nella stessa passione.


Quante notti stellate sono passate lungo un interminabile Estate. Notti magari viste da centinaia di occhi con quella netta convinzione di avere di fronte l'estensione maggiore di questo nostro magnifico e impenetrabile universo.


Quante storie una diversa dall'altra. Quante persone che una volta salite quassù hanno rivolto il loro sguardo a un indefinito numero di particolari, esponendo ognuno un pensiero proprio.



Tante altre cose si potrebbero aggiungere. Tanti altri pensieri legati a momenti unici e particolari, che solo chi sa vivere e nutrirsi di luoghi come questi riesce a percepire e portare con se per tutta la vita. Ricordi indelebili e perfetti per il mio #spiritolibero.





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La Croda del Beco dal Rifugio Biella



E' così che guardo a questa mia giornata particolare, a questo mio personale pellegrinaggio che guarda verso un rifugio già vissuto in altre occasioni. Come quel passaggio dedicato a una pausa di metà giornata per poi riprendere il cammino verso prospettive ed emozioni in continua crescita. Oppure con il preciso intento di fermarmi qui per la notte, e dare così vita a quell'immenso universo dove le stelle più luminose illuminano una Natura fortunatamente ancora preservata dalla mano violenta dell'uomo.


Un viaggio che sembra non avere confini. Guardo verso queste solide e vecchie mura con una malinconia che prevale su di me un minuto dopo l'altro. Tutto sembra avvolgermi all'interno di una dimensione dove quattro chiacchiere con il rifugista confermano un momento decisivo in cui tutto sta per finire. Il Biella è come piace a me. In quella sua perfetta dimensione dove respirare ancora l'aria pura di un rifugio come una volta, e non quei "scempi moderni" dove le mani di architetti delineano restauri e rifacimenti degni solo delle migliori "spa" da perfetti merenderos.


E' questo il rifugio che voglio, che desidero per la sua grande forza interiore di trasportarmi all'interno di un mondo dove il legno, quella sua piccola sala da pranzo dove sui muri echeggiano ancora testimonianze di altre epoche e dove il calore delle persone sembra rimanere fermo nel tempo. Ogni oggetto, ogni minima parte del suo arredamento rimane all'interno di una dimensione ricca di umiltà e delle semplicità della vita. Un rifugista simpatico di nome Stefano, nato a Ravenna e residente a Roma, ma che per lunghi periodi dell'anno sale quassù per ritrovare la pace con il mondo intero.


Tutto questo nasce all'interno di questo grande pianoro ai piedi della Croda del Becco. Tutto questo non limita minimamente quel senso di malinconia che prende maggiormente piede nel momento in cui saluto quelle persone che per un intera Estate sono rimaste lontane da una quotidianità sempre più violenta e veloce. Un saluto che rivolgo a loro e al loro bellissimo rifugio, con quel timido arrivederci e ringraziando il Biella di tutta l'ospitalità, di tutta la cortesia e di tutta quella felicità che ha saputo regalare a chi come me, ama donare tutto l'impegno e le fatiche che la montagna giustamente richiede.


Fatiche che tra gocce di sudore e pelle bruciata dal sole regala poi i sorrisi e l'accoglienza che il Biella in questa mia giornata che volge al termine, vuole essere l'esempio e la perfetta rappresentazione di tutti i rifugi. Quelli veri e non da perfetti merenderos, quelli in cui ancora oggi si respira quell'aria di epoche e mondi lontani dell'intero arco delle Dolomiti del Veneto, del Trentino e dell'Alto Adige.


Alla prossima Estate, eremiti per l'eternità.




Stefano




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