Spettacolare cammino tra le Dolomiti d'Ampezzo e le Dolomiti di Badia.
Una giornata così fredda in pieno Agosto non la ricordavo da tempo. Lassù, in vetta del Lagazuoi a 2752m, soffia un vento così forte da gelare mani e le mie gambe nude. Dal Falzarego, punto di partenza di questa mia giornata, qualche sentore di una condizione meteo decisamente particolare l’avevo già percepita.
A ridosso del Falzarego, direttamente dal Passo Valparola, un forte vento sale con grande forza mettendo in discussione ciò che una tenuta tipicamente estiva diviene quasi invernale. Ben vestito di fronte a un cielo che sembra non promettere nulla di buono. La funivia, quel traliccio d’acciaio che s’innalza verso le pareti del Lagazuoi che vedono in Cengia Martini uno dei punti naturali di questa meravigliosa montagna. E il vento forte si percepisce lungo questo tratto meccanico, con quella anomala inclinazione e quei movimenti continui che simulano la perfetta turbolenza in volo.
Rifugio Lagazuoi – 2752m
Il Rifugio Lagazuoi si pone in vetta a tutto questo, con quella sua meravigliosa terrazza panoramica che a 360° guarda verso le Dolomiti Ampezzane, l’Agordino e delle vicine Val Badia e Marebbe. Uno scenario che merita tutto il tempo necessario per “respirare” tutto questo. Ma quassù, vista la sua elevata quota, il forte e gelido vento soffia all’impazzata. Mi sembra quasi di vivere una tipica giornata invernale che nell’immediato chiama l’estrema necessità di rimanere il più coperto possibile.
È meglio per me muovermi subito, cercare nel naturale cammino l’opportunità di riscaldarmi e di trovare una possibile protezione dal forte vento. Il sentiero 401 scende vertiginosamente nel cuore di questo ambiente roccioso. Una serpentina panoramica che guardando verso un ampio pianoro roccioso, il Monte Lagazuoi, offre spunti che guardano verso il Gran Lagazuoi, l’ombelico di questa mia giornata, e le successive Cime di Fanes che da quassù elogiano perfettamente la loro bellezza e possanza del tutto naturale.
Per la storia è una zona di guerra, quella guerra del 15/18 che vedeva in questi frangenti gli avamposti dell’esercito austro-ungarico, come l’intero territorio che dal Lagazuoi si espande poi verso la vicina Val Travenanzes. Ora tutto questo è territorio italiano, ma che custodisce alla memoria ciò che la Grande Guerra ha lasciato a tutti noi. Una lunga cornice rocciosa dove sono ancora presenti insenature e trincee che servivano all’esercito “nemico” a contrastare l’avanzata italiana.
Punti di vista che “prendono” così il volo in direzione del Passo Falzarego e di tutto quel territorio geografico che scorre lungo le Cinque Torri e la Croda da Lago. Una serie di punti di vista da immortalare così nella mia memoria dove, per chiudere così in bellezza questa prima parte, la possente presenza della Marmolada che si fa così ammirare e immortalare in tutta la sua eleganza. Ma per quanto riguarda queste forti raffiche non trovo soluzione. Devo scendere in direzione di Forcella Lagazuoi (2573m) per riuscire ad attenuare notevolmente la forza di questo elemento.
Forcella Travenanzes – 2507m
Il versante più a Sud del Gran Lagazuoi all’altezza di questa forcella diviene finalmente un riparo. Il sentiero cammina lungo la base di questo versante in modo piacevole che, oltre all’entrata in scena della maestosa Tofana di Rozes, vede anche l’altrettanto piacevole presenza di un gregge di pecore dalla lana bianca e nera. L’incontro con loro è quell’emozione che immancabilmente si ripete ogni qualvolta che entro in “contatto” con gli alpeggi e la libertà di queste meravigliose creature al pascolo.
Camminano lentamente assieme a me, accompagnando il mio sguardo verso la Val Travenanzes dove la Rozes (versante Ovest) apre nuove prospettive. Sarà lei in questa prima parte di anello l’artefice principale di ciò che la Natura riserva a tutti noi. Imponente piramide che svetta a 3252m di altitudine e che all’altezza di Forcella Col dei Bos (2331m) esterna tutta la sua bellezza che dal Castelletto (2612m) si allunga all’interno di un’orizzontale linea rocciosa, fino a raggiungere le lontane Tre Dita (2694m). All’interno di tutto questo un susseguirsi di campanili e guglie che rendono unica questa grande montagna.
Il mio sentiero, il 20b, ora inizia leggermente a salire. Un immenso territorio di bianca roccia che cammina lungo la base del versante a Est del Gran Lagazuoi. Un insieme di guglie e campanili rocciosi, a formare una lunga spinale rossastra che scende direttamente lungo il versante più a monte della meravigliosa Val Travenanzes. Un passaggio facile, piacevole e che immancabilmente stimola di positività ogni mio passo, accompagnato da quelle prospettive dove ora mi sento veramente parte di questa Natura libera e selvaggia.
Una libertà dettata da una stagione che vede questi luoghi “giustamente” invasi dal turismo di massa, un’invasione che troppe volte esce da qualsiasi equilibrio con la Natura che ci ospita. Ma questo è un sentiero fortunatamente lontano dalle possibili invasioni. L’abitudine porta spesse volte a guardare a quelle vie di cammino che per forza si devono ritenere le più “blasonate” e “conosciute”, tralasciando, nel bene o nel male, quelle vie che da sempre ritengo di grande valore escursionistico. Questo fatto comporta, nel bene, un transito in assoluta solitudine dove il confronto tra me e la montagna viene unicamente “infranto” dal vento che fortunatamente ora placa ogni sua forza.
Forcella Gasser Depot – 2540m
E’ così, con questo mio pensiero, che giungo in una serpentina finale che sale leggermente in quota e raggiungere questa forcella. La Val Travenanzes, la Tofana di Rozes e tutto quello che del Lagazuoi ora mi lascio alle spalle è un sipario naturale che si chiude per dare così vita a un nuovo mondo Dolomitico. Un po alla volta lascio le Dolomiti Ampezzane per quel primo frangente che guarda verso la catena montuosa della Val Badia e che nelle cime di Fanes da qui prendono vita. Forcella Gasser Depot non è solo questo cambiamento legato a un nuovo territorio geografico, la forcella guarda verso quelle cime di Fanes che tanto hanno da raccontare e che, anche in questo caso, custodiscono quel triste periodo legato alla Grande Guerra e di ciò che la storia stessa racconta.
Da Cima Fanes Sud (2980m) alla Saletta di Fanes (2820m) per chiudere questo primo impatto visivo in Torre di Fanes (2868m) e racchiudere così in un’unica e perfetta istantanea. Cima di Fanes Sud si compone di un’ampia parete che trova il cielo su di una bellissima torre appuntita dove, alla sua maggiore estremità, vede l’arrivo della magnifica via ferrata Tomaselli. Una delle più difficili dell’intero arco delle Dolomiti, e questa sua difficoltà per ora rimane ben nascosta da ogni possibile vista.
Ma questa forcella non si limita solo a questo colpo al cuore. Tutto attorno evidenti tratti storici tornano nuovamente a occupare la mia mente. Sparsi in punti strategici alcune gallerie e postazioni della Grande Guerra mi coinvolgono nuovamente in ciò che è “l’utile” al “dilettevole”. Perchè se nel dilettevole vedo la fortuna di camminare all’interno di questa meravigliosa Natura, l’utile mi riporta nuovamente a toccare con mano pagine di storia che non dovrebbero mai essere dimenticate. Postazioni che più di cento anni fa hanno visto anni di conflitti e bombardamenti, postazioni risalenti all’allora esercito austro ungarico e che di questo ampio territorio Dolomitico, area delle Tofane e del Lagazuoi compresi, sono ancora oggi visitabili e che ben testimoniano ciò che non dovrebbe più essere.
Forcella Granda – 2640m
Ma come spesse volte ripeto, ciò che viene tramandato non viene per nulla seguito come quell’esempio di ciò che non dovrebbe più essere. Il mondo purtroppo va avanti lo stesso, su di quel filo di seta che prima o poi rischia di rompersi. Ma il cammino prosegue, sale in quota in quella parte finale di metà giornata e che vede in Forcella Granda il giro di boa di questo anello. L’avvicinamento alla base di Cima di Fanes Sud ora entra nel vivo di questa mia escursione. Il sentiero mi porta così a una quota maggiore, la più alta dell’intero anello, dove il fascino storico e la misticità della via Ferrata Tomaselli ora raccoglie tutta la mia curiosità.
Tutto questo si compone di diversi fattori naturali importanti. Non solo il “gancio” di partenza della Tomaselli e l’opportunità di ammirare quasi per intero la sua lunga salita su parete (straordinaria e allo stesso tempo imponente), ma anche quella quota che apre un nuovo sipario e che vede nel grande altipiano del Monte Lagazuoi la totale apertura verso nuovi territori geografici. Un punto di vista panoramico che merita così la mia pausa di metà giornata verso orizzonti che sembrano non avere fine.
Un punto panoramico che lascia definitivamente gli spazi che le Dolomiti d’Ampezzo fin quassù mi hanno riservato. Un punto panoramico che si apre verso il Monte Lagazuoi e quel suo grande altipiano roccioso che ora guarda verso la Val Badia e un frangente della Val Gardena e la Val di Fassa. Tutto in un unico punto “strategico” che ora diviene anche l’occasione per quel pranzo a sacco meritato, in libera e assoluta contemplazione con tutto ciò che ora posso osservare.
Potrei cominciare con il piccolo Lago del Lagazuoi (2182m) e iniziare così a risalire le grandi pareti rocciose che da Cima Scotoni (2040m) che con Cima del Lago (2654m) danno vita alla lunga spinale rocciosa delle Cime di Fanes in questo mio versante, e da li il Conturine Spitz (3064) verso l’orizzonte dove le Puez-Odle, il Sella e i frangenti più lontani della Val Gardena e Val di Fassa per quello che io ora identifico come lo scenario perfetto per questa lunga pausa. Il vento soffia forte in forcella, gelido e senza nessuna sosta, ma questo non conta nulla per tutto ciò che ora mi circonda e mi riscalda pienamente.
Forcella Granda è il cuore del Gran Lagazuoi. Indipendentemente dalle panoramiche verso la Val Badia, mi permette di osservare questo suo frangente più a Nord da una posizione che definisco privilegiata come non mai. La sua quota naturale, 2640m, mi pone di fronte a quei campanili e a quelle sue grandi guglie naturali che sembrano “sprofondare” verso valle. È come essere al di sopra di tutto ciò che ora mi circonda, con quel meritato privilegio di poterle ammirare da una quota sufficiente per identificarne la loro maestosità. È proprio dove tutto prende vita, dalla base di queste irte pareti, che ora inizia la seconda parte di cammino. Quella parte che io definisco sicuramente più spettacolare dell’intero anello.
Monte Lagazuoi – 2400m di media
Il grande altipiano. Quella sua bianca roccia a definire una quasi perfetta pavimentazione naturale. Prende vita dal vicino Lago del Lagazuoi per salire in direzione di Forcella Lagazuoi, dove tutto attorno si misura una nuova dimensione del Gran Lagazuoi e di tutto ciò che in questa giornata segue il mio stesso cammino. Il sentiero 1020 inizialmente, da Forcella Granda, scende in maniera ripida e franosa. Quel contatto così particolare con quel tipico sentiero di montagna unicamente roccioso e frastagliato, dove alcuni ometti o la classica colorazione bianca e rossa si possono identificare come l’unico riferimento di cammino da seguire.
Oltre che porre l’attenzione a non scivolare, e a trovarsi con il culo improvvisamente per terra, devo anche tenere un po gli occhi aperti per quella deviazione che sulla sinistra mi porta verso il versante più a monte del Gran Lagazuoi. Un sentiero che scorre più in quota rispetto al sentiero centrale, il n° 20, che dal piccolo lago cammina nel cuore del monte per congiungersi più a monte con questo mio secondario. È decisamente “difficile” perdere la retta via, ma quel primo tratto iniziale dalla forcella potrebbe essere traditore.
Leggeri sali e scendi a stretto contatto con la base di queste enormi pareti. Camminare la sotto da una certa impressione, mi sembra quasi di essere “inerme” a quei proiettili naturali che possono cadere dalle quote superiori. Ma i leggeri sali e scendi lasciano poi spazio a quel dislivello che porta in profondità dove scalette in legno agevolano una discesa di per se molto ripida. Un po di attenzione e le giuste valutazioni da fare un passo dopo l’altro. Dopotutto se sei alla ricerca di quello che io definisco il lato più selvaggio e spettacolare di queste montagne ti devi per forza confrontare anche con queste situazioni in cui la montagna stessa ti porta al centro nevralgico della loro naturale espressione. Di come sono realmente “fatte”.
Come già previsto il passaggio è spettacolare. Una nuova dimensione di Dolomia molto differente e decisamente più spettacolare rispetto a quel versante che a Est guarda in direzione della Val Travenanzes. Questo versante, il versante Ovest, mi mette a stretto contatto con questa naturale composizione, questa lunga spinale rocciosa che finalmente identifica la sua bellezza. Il sole entra così in scena regalandomi riflessi di luce che con grande possanza, e calore, si infrangono su queste pareti bianche e rossastre. Sembra che il riverbero illumini il mondo intero, un riflesso così forte e dare così maggiore vita al grande altipiano del Monte del Lagazuoi.
Questa naturale poesia mi accompagna lungo questo versante, dove ora, visto l’abbassamento di quota, mi congiungo con il grande altipiano e quel suo sentiero centrale, il n° 20. Il mio cammino si fa più “spensierato” e tranquillo. L’altipiano porta con se quella leggera salita che cammina su di un enorme pavimentazione di marmo bianco dove il sentiero non puoi vederlo ma solo seguirlo grazie agli ometti e alle classiche colorazioni su bianca roccia. Il versante maggiore, quello che a 2752m è il “nido” d’aquila del Rifugio Lagazuoi mi sta ora di fronte. È questione di quell’ultima salitella per giungere così in Forcella Lagazuoi e chiudere definitivamente questo meraviglioso cerchio naturale.
Mi concedo gli ultimi attimi tutti per me. Attimi di pura osservazione dove riesco così ad abbracciare tutto ciò che è stato. Un ultimo e spensierato sguardo dolcemente accarezzato da questo vento che in forcella ora sembra più presente, guardando verso il Monte de Lagazuoi e a questo versante del Gran Lagazuoi che con grande “insistenza” continua a farmi capire la fortuna di essere stato per un giorno protagonista di questo suo habitat naturale e indimenticabile.
Stefano
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