La “barriera corallina” delle Dolomiti.
La catena montuosa più vasta dell’intero territorio delle Dolomiti, che nei suoi 240kmq si estende dalle Dolomiti del Veneto alle Dolomiti del Trentino. Vette maestose ed eleganti che dominano lo sguardo dell’escursionista e che nel suo anello crea quel trekking perfetto, quella giornata dove dedicare un’intera immersione su di un mondo roccioso straordinario.
Un’antica barriera corallina certo, che vede l’origine di queste montagne circa 300 milioni di anni fa quando, in un mare poco profondo, si formò un'enorme barriera corallina che dopo essere emersa ed esser stata modellata dall'azione degli agenti atmosferici, si trasformò nello splendido rilievo che ancora oggi possiamo ammirare un passo dopo l’altro. Ma raccontare per intero le Pale di San Martino è necessario mettere insieme una vasta rete di sentieri di collegamento, che dall’Agordino salgono in direzione del Passo Rolle e della Val Venegia e riuscire così a “dominare” per intero queste meravigliose montagne.
Il classico anello diviene uno di questi sentieri, di queste vie di cammino che dal mio punto di vista racchiude a se il meglio di queste desolate e selvagge montagne, quello che io definisco il cuore pulsante di questa millenaria “barriera corallina”. Basti pensare al Rifugio Rosetta, storica “dimora” di questi luoghi, come punto di partenza e quei transiti alla base della Pala di San Martino, di Cima Ball e il Rifugio Pradidali, per poi dare inizio a quel fantastico cammino che raggiunto il ghiacciaio della Fradusta anticipa di poco il transito all’interno del roccioso e maestoso Altipiano delle Pale. Ma andiamo con ordine.
Rifugio Rosetta – 2581m
Si raggiunge con estrema facilità, dopo aver raggiunto la stazione a monte della funivia Colverde – Rosetta. Si adagia al centro di quell’immenso altipiano a simboleggiare l’esempio perfetto di “ombelico del mondo”. Ma il tempo da dedicare a questo anello è notevole, sebbene si chiuda tranquillamente in quella tipica giornata estiva dalle lunghe ore di luce solare. Il Rosetta lo troverò più tardi, come punto di chiusura dell’anello stesso prima di scendere nuovamente a valle.
Il versante Ovest segue il sentiero 702 guardando verso la Val Cismon e le piccole località che si dividono tra San Martino di Castrozza e Fiera di Primiero, in un bellissimo scenario che unisce a se la Natura e la tranquilla quotidianità di questi luoghi. Scende vertiginosamente quasi a dare l’impressione di toccare direttamente la valle dove la roccia risulta così dominante per anticipare anche ciò che sarà il resto della giornata. Da Cima di Roda (2694) a Cima Fede (2278), giusto per quel primo assaggio di queste irte pareti. Lisce e possenti in tutta quella maestosità che riescono a trasmettere.
Questo versante rimane ancora in ombra rispetto alla giornata già da un po iniziata. Se il Rifugio Rosetta e l’intero altipiano brillavano già al sole, in questo versante guglie e campanili di roccia fanno ancora da scudo alla nostra stella primaria. E la Natura in questo contesto riesce a creare dei giochi di luce dove Cima Rosetta (2743m), che mi lascio alle spalle, riflette la luce verso questo mio sentiero dando così maggior risalto a tutti quei piccoli particolari che incontro lungo il mio cammino. In lontananza poi, più a Sud, la bellissima spinale che dalla Cima di Val di Roda (2791m) si estende verso Cima di Ball (2802m) è l’altro lato positivo dove occhi e mente si uniscono di fronte a tutto quello che diventerà un punto di passaggio molto particolare.
Passo di Ball – 2443m e Rifugio Pradidali – 2278m
Da un normale sentiero escursionistico a quel tratto che fa la differenza. Un tratto che improvvisamente mi mette di fronte a quel passaggio leggermente esposto e che, come da segnali predisposti, è consigliabile affrontare con le dovute percauzioni. Kit da ferrata, caschetto più imbrago, per quel centinaio di metri in orizzontale ma con quella sporgenza che ragionandoci bene potrebbe diventare una possibile insidia. Dopotutto la presenza dei segnali non sono da ritenersi casuali. È un tratto che per mia conoscenza ho già affrontato “snobbando” ciò che la segnaletica consiglia, e devo dire che l’impressione avuta allora è stata quella di mettere insieme un facile transito con una possibile e improvvisa insidia.
"Meglio quindi essere attrezzati per proseguire così in tutta sicurezza".
Ai piedi della Pala di San Martino il sentiero roccioso ora sale per quel strappino finale e giungere così al Passo di Ball a 2443m. Un punto panoramico che ora raccoglie a se tutto ciò che ho già lasciato alle spalle, per dare vita a tutto ciò che ora mi attende. Il passo guarda verso le grandi pareti della cima omonima e di quel versante maggiore della Val Pradidali, che con Cima Pradidali (2774m) e Cima Canali (2900m) mi regalano dei punti di vista meravigliosi. Il rifugio sta molto più giù, alla base di queste vette Dolomitiche che nella mia “solita” fantasia da spirito libero ora identifico come “eterne” protettrici di questa storica struttura.
Mi rilasso per quel piatto di tagliatelle che ora fanno la differenza prima di porre la mia attenzione sull’ambiente che ora mi ospita. Il meteo sta leggermente cambiando, con quei addensamenti nuvolosi che dalla Val Canali salgono in direzione di Val Pradidali. È un fatto del tutto naturale che spese volte durante l’Estate non viene meno da questo versante. Il mattino al sole che brilla e nella fase delle prime ore pomeridiane questi addensamenti che con la forza del vento iniziano improvvisamente a coprire non solo il mio cielo azzurro.
A volte a farne le spese sono anche le vette che ora mi circondano dando però vita a un ambiente surreale e con quel filo di magia da rendere il tutto unico e inimitabile.
Al Rifugio Pradidali - 2278m
Il grande vallone sale senza troppo impegno. Lascio alle mie spalle il rifugio mentre Cima Pradidali, Cima Canali e tutto questo nuovo versante roccioso di cui si aggiunge Cima Immink (2855m) e tutta una serie di pinnacoli, instaurano quel gioco e quella complicità quasi a voler approfittare di queste nuvole sporadiche per dare così vita a un nuovo e naturale spettacolo. Il vallone scorre lungo il sentiero 709 che tengo come riferimento il Passo Pradidali Basso (2658m) e, leggermente più in quota, il Passo della Fradusta (2716m) e di conseguenza il ghiacciaio omonimo. La mia intenzione è di lasciare da parte la vetta del ghiacciaio per concentrare la mia attenzione sul Pradidali Basso per quello che sarà la chiusura dell’intero anello.
Passo Pradidali Basso – 2658m
Transitare lungo il vallone è di uno spettacolo indescrivibile, basti pensare al quel piccolo lago (Lago Pradidali – 2242m) tra Cima Canali e Cima Wilma che grazie al disgelo primaverile di anno in anno assume una capienza sempre diversa. Poco impegnativo per buona parte della sua lunghezza, dove in certi frangenti il cammino sale lungo questa sua naturale composizione rocciosa. Man mano che si sale lo spettacolo delle lunghe spinali che mi stanno attorno entrano in perfetta alchimia con le nuvole, che con grande eleganza si riflettono su questa bianca roccia illuminata a strati da sole. Il disegno che si crea è perfetto dove l’ombra delle stesse sembrano “correre” a tutta velocità tra questa bianca roccia.
Il passaggio finale lungo il vallone ora inizia a prendere quota. Cammino ormai alla base del Fradusta e l’ambiente diventa così sempre più selvaggio e con quel carico di entusiasmo che prende così tanto da portarmi a quella piccola svista che per un attimo mi porterebbe in un versante opposto. Il sentiero 709 sale sulla sinistra nell’immediato in quello che ora potrei anche definire il punto più “impegnativo” dell’intero anello. Un dislivello su di una serpentina rocciosa, l’ennesima, che lentamente da forma e vita alla vetta della Fradusta (2939m) e del suo storico ghiacciaio. Mi basta così giungere al Passo Pradidali Basso (2658m) per avere così un piccolo spazio da dedicare a questo eterno testimone di epoche lontane.
Non mi aspetto chissà cosa. Non è la mia prima quassù e ciò che fino a qualche decennio fa si dimostrava un grande ghiacciaio in salute, quello che rimane al giorno d’oggi è solo un piccolo fazzoletto bianco che si confonde con i bianchi ghiaioni che compongono questo versante della cima. Ciò che rimane è il letto originale, il fondo roccioso di quello che in qualche foto d’epoca, scattata magari più di cinquant’anni fa, testimoniava un contesto decisamente diverso. In certi momenti le nuvole si intromettono in quel loro veloce andare e vieni che comunque sia non toglie minimamente l’emozione di poter osservare questo antico e millenario libro naturale che parla a nome di queste montagne.
Rimango quindi attratto da tutto questo, e questo mi porta anche a pensare e a seguire un ragionamento tutto mio. Una “barriera corallina” di milioni di anni fa come è ben riconosciuto questo territorio. Una barriera che in un momento storico importante dell’evoluzione del nostro pianeta ha visto ai bordi di queste rocce forme di vita inimmaginabili e che ancora oggi, grazie alla scoperta d’importanti fossili, rende l’idea di chi ne era l’abituale essere vivente. Tutto questo fa volare la mia immaginazione, guardando con occhi incuriositi alcuni particolari presenti attorno a me. Come pinnacoli, spuntoni rocciosi e grandi massi che da milioni di anni rimangono gli unici elementi testimoni di quel passato così lontano. Chissà cosa avranno da raccontare quelle rocce, e se avessero occhi chissà quante cose avranno visto. Un mistero, come la vita stessa sotto certi aspetti.
Altipiano delle Pale – 2600m di media
La parte finale, quella che per l’ennesima volta cambia completamente l’aspetto di questa mia escursione. Se fino a ora mi sono mosso all’interno di lunghe vallate costeggiate da imponenti vette, l’altipiano da vita a un grande promontorio in alta quota dove mi sembra di emulare i primi uomini che cinquant’anni fa camminarono per primi sulla Luna. Le nuvole continuano in quel loro frenetico carosello disegnando come prima quelle lunghe ombre scure in contrasto con la bianca roccia di questo luogo. Leggeri sali e scendi che guardano verso una linea d’orizzonte rocciosa per dare nell’immediato vita al cielo azzurro. Un gioco naturale che mi accompagna in direzione del Rifugio Rosetta, verso quel versante più a Nord delle Pale che con il Cimon della Pala (3184m) trova fine con il Mulaz (2906m).
Al centro di queste due cime un nuovo mondo di Dolomia, sicuramente da non tralasciare per un prossimo futuro.
Rinnovo così quell’appuntamento dato a inizio giornata. Quel caffè e quella fetta di torta che al Rifugio Rosetta ora non deve mancare, mentre l’intero “mondo” che mi ha ospitato nelle ore precedenti il vento freddo e nuvole grigie e minacciose irrompono con grande fragore e quelle prime gocce di pioggia.
Pioggia mista a leggeri chicchi di ghiaccio, forti raffiche che per quasi una mezz’oretta tengono ferma la funivia che scende a Colverde dove prende così l’occasione per ammirare tutto ciò che mi sta attorno con quei colori freddi di una giornata che giunge così al termine.
Stefano
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