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Al Rifugio Genova in Val di Funes

  • Immagine del redattore: Stefano Germano
    Stefano Germano
  • 6 giorni fa
  • Tempo di lettura: 10 min

Dall'Alta Badia alla Val di Funes.



L’Alto Adige nei miei pensieri, nei miei progetti futuri e in tutte quelle caratteristiche che rendono questa regione un mondo a parte. L’Alto Adige delle grandi distese verdi, di quei prati trattati con cura e quelle tradizioni che pongono quel forte accento che abbraccia a se una cultura marcata e lontana da tutto ciò che potrebbe rappresentare la mia nazione.


L’Alto Adige da vivere e da scoprire, come detta uno dei più conosciuti slogan pubblicitari e che rappresenta la regione al turismo mondiale. E tutto questo è vero, perchè sembra che lungo queste sue affascinanti vallate non si finisca mai di scoprire e di vivere. Tornare a Longiarù dopo un bel po di anni è come riaccendere per l’ennesima volta quella spia mentale che nell’immediato mi riporta per pochi istanti a momenti che non torneranno mai più. Momenti in cui la mia vita era sicuramente diversa e le prospettive illuminavano la mente di un giovane escursionista alla scoperta di nuove dimensioni.



 

Tutto questo si traduce in una semplice parola: malinconia.




 

Longiarù – 1400m


Longiarù, una delle località turistiche tra le più caratteristiche dell’Alta Badia. Il villaggio degli alpinisti come per tradizione viene riconosciuto questo luogo. Un piccolo paese immerso nel verde al cospetto del Sas de Putia con la caratteristica presenza delle “Viles”, piccoli e compatti insediamenti che si disperdono all’interno di boschi e ampie distese prative. Una cultura Ladina forte come l’acciaio dove, anche in questo caso, la lingua italiana viene sempre dopo da ciò che per tradizione si tramanda di generazione in generazione.





L’unica strada presente che attraversa il paese guarda verso un paio di piccole frazioni dove i primi spunti verso le “Viles” rendono nell’immediato l’idea di come si componga la quotidianità lungo questa valle. Freina e Miscì sono due di queste piccole realtà culturali che si compongono di abitazioni confortevoli, e i tipici masi che disperdendosi nel silenzio di queste distese prative dalle fioriture multicolori guardano con grande grazia verso i primi e imponenti versanti rocciosi delle Puez-Odle.


Il campeggio di Longiarù come riferimento, che si pone lungo la parte finale della valle poco prima della strada bianca per poi diramarsi verso i vari sentieri che guardano direttamente alle Puez-Odle. Un ampio parcheggio (l’unico e a pagamento) in corrispondenza con il mio sentiero, l’ennesima strada bianca presente e che per buona parte dell’intero cammino sarà il mio riferimento di cammino.

 


 


La mattina si presenta limpida, luminosa e fresca. Il perfetto contrasto che si crea dalla forte espansione luminosa dei verdi prati e l’azzurro del cielo inevitabilmente mi trasmettono forti sensazioni di libertà e di voglia di vivere ogni istanti che la giornata mi pone di fronte. Sono così talmente attratto da tutto ciò che osservo che quasi mi dimentico del tempo. Il tempo che scorre e che in situazioni come queste sembra quasi fuori controllo. Ma anche per oggi non ho fretta, non c’è nulla che mi possa imporre delle tempistiche particolari sebbene il cammino sulla carta si preannuncia già molto lungo.



Con vista verso il Sas de Putia
Con vista verso il Sas de Putia






È così che tutto ha inizio. Un insieme di situazioni naturali che per istinto mi pongono delle piccole variazioni di cammino, come le sorgenti di Pares nascoste tra i fitti boschi e alimentate dai torrenti ricchi d’acqua fresca proveniente dalle rocce maggiori di questi primi versanti delle Puez-Odle. E se i verdi prati ne fanno da padrone, a ogni passo è un susseguirsi di punti di vista dove ampie distese verdi ora guardano anche verso il lontano Sas de Putia. Una cartolina naturale che sembra non finire mai. Un susseguirsi di piccole pause dove poter carpire ogni angolo boschivo, ogni singola roccia che dai boschi stessi s’innalza verso il cielo e la presenza di una serie di piccole baite a regalarmi prospettive naturali uniche nel loro genere.













Utia Ciampcios – 2000m


La spensieratezza prende così il sopravvento. Questi primi +780m di dislivello lungo il sentiero 5 sembrano passare senza che io me ne accorga. Man mano che salgo di quota i boschi iniziano a diradarsi e aprirsi su ampi varchi erbosi dove la possanza e magnificenza dell’intero versante a Nord delle Puez-Odle ora splende al sole di uno scenario naturale magnifico e indimenticabile. È qui, all’interno di questo angolo di Paradiso, che si pone l’Utia Ciampcios, una bellissima malga turistica e che per forza deve imporre una piccola pausa. Zaino a terra, caffè e una speciale fetta di torta seduto comodamente su uno dei tavoli esterni. Un insieme di cose che ora mi portano a riflettere, a osservare tutto ciò che la Natura stessa ora mi pone di fronte senza farmi dimenticare, per l’ennesima volta, quanto io sia una persona fortunata.  









Fortunato di essere sempre quassù, di fronte a panorami che sembrano scritti unicamente nella letteratura moderna. Fortunato di trovarmi da solo seduto su questo tavolo, ascoltando il rumore del vento e scambiando delle piacevoli impressioni con chi vive e gestisce questo piccolo angolo paradisiaco forse da una vita intera. Da molti anni la mia continuità tra questi sentieri sembra non avere ne una fine e nemmeno una pausa. La fortuna quindi di avere anche una condizione fisica che alla soglia dei miei primi sessant’anni di vita mi permette di camminare sempre, indipendentemente dal dislivello o dalle difficoltà che la Natura spesse volte impone.





Questo mi porta a ragionare maggiormente su me stesso. Non ha importanza se la mia quotidianità si svolga in pianura e l’opportunità di raggiungere questi luoghi mi concede in un paio d’ore di macchina di pianificare con grande facilità i miei fine settimana. Ciò che ha grande importanza è la forza e la reattività che queste esperienze mi concedono. Fuori dallo stress, dalla fretta e da quella frenetica quotidianità di una vita che per sensazione personale sembra una bomba piena di cose sbagliate pronta per esplodere. È in questi momenti, seduto da solo di fronte a questo spettacolo, che la mia mente elabora tutta la fortuna che mi circonda. In questo assaporo maggiormente il bello della vita, il profumo di una libertà che da più di quarant’anni fa parte integrante della mia stessa vita.    

 




Forcella de Putia – 2293m


Dall’Alta Badia ai primi frangenti montuosi della vicina Val di Funes. Quest’ultima mai “esplorata”, mai vissuta in modo diretto se non in quei frangenti in cui un sentiero mi ha concesso l’opportunità di sfiorarla anche solo con lo sguardo. A dire il vero nemmeno in questa occasione ho l’opportunità di entrarci in modo diretto, ma solo pensando alla forcella e al Rifugio Genova, l’avvicinamento alla valle è maggiormente marcato. Il Munt da Medalges è quell’ultimo frangente di estesi territori prativi dell’Alta Badia dove i primi versanti delle Puez-Odle, quei versanti che guardano direttamente alla Val di Funes, iniziano così a prendere forma. Baite e fienili che si adagiano piacevolmente alla base di questi nuovi massicci di Dolomia. Cima Furchetta (3030m) e i suoi torrioni rocciosi minori: il Campiller Turm (2599m) e il Sa dal’Ega (2924m) come primi spunti a delineare così i primi aspetti visivi di un nuovo mondo che per ora si apre ai miei occhi.





Raggiunta la forcella tutto si immedesima in una lunga pausa. Per il pranzo di metà giornata al rifugio sono abbastanza in anticipo e le tempistiche per arrivarci mi concedono l’opportunità di fermarmi su di una panoramica panchina posta a qualche centinaio di metri dal crocefisso in forcella. La Val di Funes e tutto ciò che da questo punto posso così osservare in tutta tranquillità. Punti di vista che si allungano facilmente lungo l’intera valle e quei versanti rocciosi delle Puez-Odle che ora trovano maggiore completezza. Grandi pareti che dai ghiaioni posti alla loro base si innalzano in cielo, dove il centro abitato di St. Magdalena più lontano spunta appena. Una verde e rigogliosa valle dove i boschi si alternano a quei vasti prati che di poco anticipano la presenza della roccia Dolomitica. La stessa che poi sale oltre i tremila metri verso il cielo.



In Forcella de Furcia - 2293m
In Forcella de Furcia - 2293m

Verso la Val di Funes
Verso la Val di Funes


La mia prima volta in questo punto. Nuove emozioni e nuove sensazioni dove poter raccogliere tantissimi particolari e arricchire maggiormente la mia fame di conoscenza. Camminare tra i sentieri per me non è solo escursionismo o il trekking per eccellenza. Camminare tra questi sentieri, soprattutto nuovi, sono momenti di conoscenza, dove per l’ennesima volta identifico quel mio pensiero in cui non si nasce “imparati” ma bensì si vive “imparando”. L’occhio fa così la sua parte, trasmettendo alla mia mente tutte quelle informazioni necessarie per “imparare” e trovare così interessanti spunti/idee per quello che la Val di Funes potrebbe regalarmi magari nel prossimo Autunno. Perfetta come idea no?....

 




Rifugio Genova (Schluterhutte) – 2306m


Raggiungere la forcella comporta una deviazione di qualche centinaio di metri dal sentiero centrale. Proprio all’altezza di malga Munt de Furcia (2293m), che stranamente trovo chiusa, mi ricongiungo con quello che ora diviene il sentiero 3 e parte dell’Alta Via n°2. Un proseguo al cospetto del caldo sole che ora si scaglia con forza lungo il mio cammino. Una spalla erbosa dove solo lungo la linea di sentiero è presente la roccia. Un panorama che in questo tratto si apre con forza verso tutto ciò che mi sono lasciato alle spalle nelle ore precedenti. Laggiù a valle, la lunga serpentina bianca che da Longiarù mi ha accompagnato da prima all’Utia Ciampcios e successivamente in forcella. Da quassù ora l’intero versante Nord delle Puez-Odle semplificano in modo chiaro la bellezza di questo gruppo montuoso. Una meraviglia!





Nuove prospettive si aprono verso versanti già “vissuti” qualche giorno prima. A ridosso di una curva sulla sinistra di sentiero, un punto di osservazione che ora sembra abbracciare a se l’intero territorio dell’Alta Badia che guarda verso Longiarù e le sue quote maggiori. Con il Sas de Putia a fare da riferimento, tutta quella parte in cui i verdi alpeggi e le baite del Cialneur mi hanno visto protagonista del famoso Roda de Putia qualche giorno prima. Ora, da quassù, un’ampia visuale su tutto ciò che questo versante a Sud del Sas mi ha visto coinvolto e che identifica pienamente la bellezza di quell’anello. Più lontano i territori di Marebbe e dei gruppi montuosi che unendo tra gli altri il Sas dla Crusc (2907m), il Lavarela (3056m) e il Conturines (3065m) danno vita a una fantastica e imponente spinale rocciosa. Alle mie spalle rimangono invece presenti le Puez-Odle impassibili nella loro bellezza.





Da qui una discesa ripida e rocciosa sotto un sole cocente. Per chi sale dal senso opposto le espressioni del viso denotano un impegno abbastanza elevato e la complicità della calura odierna sicuramente non ne facilita il proseguo. Una piccola forcella dove poter osservare la Val di Funes da una prospettiva nuova, dove a circa 15 minuti più a valle il Gampenalm (2062m), l’ennesima malga turistica, denota già la sua frenetica attività. Il punto di vista vale sicuramente quei cinque minuti di pausa per prendere visibilmente nota di questi nuovi particolari. Arrivare così al Rifugio Genova (Schluterhutte – 2306m) è questione di pochi minuti. Appena raggirato sulla sinistra il Bronsoi (2399m) quel bivio che anticipa una lunga e prativa discesa dove la sagoma in lontananza del rifugio stesso risulta come un perfetto benvenuto.



  


Il primo giorno di apertura per questa nuova Estate. Uno dei primi escursionisti di passaggio a fermarmi per il pranzo di metà giornata e il loro primo timbro dell’intera stagione sul mio passaporto dolomitico. Il morale del personale è a mille, con quei sorrisi e quella felicità che esprime tutta la soddisfazione e la gioia nel dare inizio a una nuova e lunga stagione estiva. Quattro chiacchiere e qualche battuta dove l’energia positiva che si respira in questi istanti identifica l’amore e la passione per un lavoro che sicuramente gratifica ma che da un punto di vista umano ricambia di tante soddisfazioni. È così che percepisco come primo impatto tutta l’energia positiva che questo luogo e le persone mi trasmettono. Il sole, il caldo e un cielo azzurro ovviamente completano un’opera unica nel suo genere. Mi sento felice.




"Il rifugista, come viene definito. Per chi fa questo lavoro da una vita intera si nota nell’immediato quella passione che si lega a uno stile di vita che non si cambierebbe per nessun motivo al mondo. Quando si incrocia lo sguardo e si scambiano alcune parole con chi da una vita intera passa le sue estati quassù, è facilmente percettibile quella sensazione di libertà, di benessere e quella tranquillità espressa con umiltà. Quassù il tempo scorre lento, come se le ore di un intera giornata non avessero nessun senso. L’alba segna un momento dove tutto ha nuovamente inizio, mentre il tramonto tutto ciò che giunge al termine. All’interno di questi due spazi temporali momenti e situazioni che vanno gestiti con una tranquillità condivisa con una Natura che da milioni di anni sembra “imporre” delle semplici regole: silenzio, tempo, misura..."



  

Dovrei spendere centinaia di righe per dare una spiegazione logica in tutto ciò che hai appena letto caro/a amico/a. Dovrei sedermi comodamente e iniziare un discorso che amplia in modo esaustivo dei punti di vista che identificano la mia verità di pensiero. Una verità che spesse volte scrivo nei miei testi e che identificano nuovamente questo mondo sempre più di corsa (impazzito), sempre più di fretta e che inevitabilmente mette da parte dei principi che per noi esseri umani sono vitali e allo stesso momento le radici per la nostra salute. Dalla Natura dovremmo imparare anche questo, come quel rifugista che da una vita intera vivendo quassù ha perfettamente capito il valore di rimanere in silenzio, di lasciare tempo al tempo e di dare una perfetta misura ed equilibrio a ogni giorno della nostra vita.



Dal rifugio verso la Val di Funes
Dal rifugio verso la Val di Funes

È così che passa il mio di tempo seduto comodamente su questa meravigliosa terrazza. Osservando, ascoltando e percepire tutto questo benessere interiore. Frangenti in cui osservare in modo del tutto spontaneo quanta differenza “comportamentale” esiste tra chi vive quassù da una vita e chi, come me, è solo di passaggio per quel breve spazio di tempo per un pranzo prima di riprendere il cammino. Noi che veniamo da lontano, che in questo frangente siamo “ospiti” e che inevitabilmente dimostriamo, anche se magari di poco, quel senso in cui ogni movimento sembra dettato da una fretta quassù ingiustificata. Una differenza di atteggiamento che si nota e che rispecchia in modo perfetto quanto siamo lontani da una filosofia e stile di vita che io definisco “perfetto”.  







È così che riprendo il mio cammino. Soddisfatto non solo per un pranzo perfetto ma per quell’atmosfera creatasi di fronte a un luogo naturale meraviglioso. Il rifugio guarda verso la Val di Funes dando maggiore risalto alle vette che identificandone la sua cartolina perfetta. Le Puez-Odle che ora mi permettono di ammirare la vetta del Sass Rigais (3025m) e di tutti quei frangenti che si allungano nei punti maggiormente lontani. Riprendo il cammino seguendo il riferimento che in cinque minuti mi porta al Passo Poma (2340m) e lasciarmi alle spalle in via definitiva tutta la magia della Val di Funes. Il sentiero 4 scende piacevolmente verso le distese prative, dove il Sas de Putia torna nuovamente artefice di questa mia parte finale.



Al Passo Poma - 2340m
Al Passo Poma - 2340m

Prati fioriti, baite e fienili ora mi accompagnano piacevolmente, rientrando nuovamente nei boschi e con quei spunti panoramici che verso Est mi regalano alcuni deboli spunti verso le Dolomiti d’Ampezzo. Ma l’Alta Badia e le sue vette territoriali rimangono il mio punto di riferimento, sebbene poco prima di raggiungere Miscì una vasta “voragine” creata da una grande frana mi impone alcuni passaggi non pericolosi ma sicuramente fuori programma. Un anello che porto con me come una magia. La magia di aver percorso una parte di un cammino con quella malinconia dettata da tempi passati, e la magia di aver toccato con mano per la prima volta la Val di Funes sebbene in modo abbastanza marginale.










Ma della Val di Funes e di tutto ciò che laggiù mi riserva ne parleremo più avanti, magari con i colori autunnali...  




Stefano






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